Di Stefano Benni, regia di Giovanni Arezzo, con Francesco Bernava, Nicola Alberto Orofino, Alice Sgroi.
Assistente regista: Gabriella Caltabiano, Costumi: Grazia Cassetti, Light designer Marco Napoli, Soundtrack: Giorgia Faraone
Led Creator: Giuseppe Reitano
Progetto grafico: Maria Grazia Marano
Produzione MezzAria Teatro
“Nessun uomo è isola” scriveva John Donne nel XVII secolo. Come se Stefano Benni volesse ricordarcelo, nel 2019 pubblica un racconto lungo dal titolo Dancing Paradiso.
Un racconto dove si intrecciano cinque esistenze ai margini, cinque diverse solitudini assolute, devastanti, definitive.
Sono tre uomini e due donne. Diversissimi l’uno dall’altro ma accomunati dalla stessa condizione di devastazione fisica e sentimentale.
Stan, “il pianista triste”, legato da antica amicizia e sodalizio musicale a Bill il bello, batterista, ora semiparalizzato in un ospedale. Amina, uno donna profuga da un non ben definito paese, che ha perso la madre durante il viaggio-fuga che l’ha portata in Italia, in una terra ostile e violenta. “La mia patria è tutte le terre da cui qualcuno è stato cacciato”, sogna un’altra vita, un ritorno a casa, una via d’uscita dall’esistenza.
Lady, la poetessa alcolizzata che scrive le sue poesie sugli scontrini del supermercato e progetta il suicidio. Elvis, un ragazzo obeso, hacker che odia il mondo e si è rinchiuso da anni nella sua casa, come un hikikomori, progetta di fare una strage per vendetta e per lasciare un segno in una umanità che lo ha da sempre ignorato e calpestato.
Cinque “isole” alle quali Stefano Benni dà voce costruendo una serie di monologhi, come confessioni dal tono malinconico ma anche ironico, mordace e delicato.
Succede, però, che il demiurgo Benni offra a loro un angelo caduto dal cielo, un angelo con le ali sporche di fango, anche lui solo, che fa in modo che si ritrovino insieme sulla strada per uscire dall’inferno.
“Guardate che bella insegna blu
Questo locale si chiama Paradiso
Non sta in cielo ma quaggiù
Non bisogna essere buoni per entrare
Accettano anche le carogne
E -qualche volta- le fanno cambiare.”
Ed in effetti, le cinque creature disperate, cambiano, dopo essersi confessate, dopo aver tentato di esibirsi, ancora una volta, Sten e Bill con la batteria, Amina cantando, Elvis incarnando il suo grande idolo, quell’ Elvis Presley morto “sul cesso”, obeso e strafatto di sostanze., Lady con le sue poesie. “ una fantastica lista, di dementi, talenti e portenti“. Ma, soprattutto, cambiano per quell’abbraccio che si scambiano, per essersi conosciuti e riconosciuti e avere stabilito un contatto, una reale condivisione.
Questo testo, così delicato e difficile, per la sua natura di confessione, ha preso corpo e voce grazie alla compagnia Mezzaria, grazie alla rilettura, adattamento e regia di Giovanni Arezzo e grazie all’interpretazione di tre, non attori, ma anime che sono entrati nei personaggi pensati da Benni e li hanno resi vivi, carne e sentimento, sul piccolo palcoscenico del teatro del Canovaccio: Alice Sgroi, Francesco Bernava e Nicola Alberto Orofino.
La delicata regia di Arezzo ha costruito un piccolo mondo in cui i tre attori hanno parlato con compagni fatti di peluche, pupazzi inconsapevoli e testimoni della solitudine. Francesco Bernava ha incarnato il doppio ruolo di Sten e di Bill, figure decisamente speculari, che si raggiungono nel momento esistenziale del disfacimento e si completano. Alice Sgroi è Lady e anche Amina, anche lei impegnata in un doppio ruolo che avvicina due figure femminili, caratterizzate dalla delusione, dalla fatica, dall’amore mancato. Nei panni di Lady ci ha ricordato il personaggio di Sara, che la stessa Sgroi ha interpretato pochi anni fa, nello spettacolo I Girasoli (sempre per Mezzaria), anche lì una donna che arriva al suicidio per un amore mancato, per un vuoto incolmabile, per disperazione. Come Amina ha consegnato al pubblico del Canovaccio una creatura vera, palpitante, una che conosciamo, perchè magari pulisce le nostre case o accudisce i nostri anziani e noi incontriamo la domenica, alla villa o vicino alla stazione e trattiamo con sufficienza e compassione.
Nicola Alberto Orofino, (lasciando il mestiere per il quale è più noto, quello di regista), si è lasciato guidare da Arezzo ed ha incarnato Elvis con grande naturalezza e autenticità. La sua è stata la “confessione” più toccante, più vera nel senso che l’attore ha raccontato l’uomo superando la recitazione perché non c’era simulazione ma verità introiettata e sentita.
Nel Dancing Paradiso, con l’insegna al neon sulla parete in fondo, le luci soffuse e il sottofondo musicale “le carogne” ci hanno tirato dentro un posto che, in fondo, cerchiamo tutti, per uscire dalle nostre solitudini; loro si sono salvati e hanno costruito con un pubblico, che ha applaudito con energia, un arcipelago di isole in una relazione di salvezza., cantando Falling in love with you.
Lo spettacolo sarà in scena ancora il 10, 11 e 12 di Novembre al Teatro del Canovaccio, poi a Messina.