Tre anni senza Pino Miniaci
“Pensa se gli uccelli in volo lasciassero una scia,
come gli aerei, che grovigli di linee ci sarebbero nel cielo!”
Giovedì 11 aprile 2019 moriva stroncato da un infarto Giuseppe (Pino) Miniaci. A distanza di tempo voglio ricordare in modo pacato l’uomo e l’artista. E lo voglio fare per una esigenza che mi piace definire politica, nel senso migliore di questa parola, oggi così tanto vituperata. Consapevole della mia debolezza emotiva che mi ha impedito in questi tre anni – io che ero suo amico – di accostarmi alla famiglia, eclissandomi dalla vista di Patrizia, Erminia e Ludovica per timore di cogliere nel loro sguardo quel dolore che non sarei riuscito a sopportare, voglio sottoporre agli amici, conoscenti ed estimatori di Pino Miniaci una questione. Non voglio qui ribadire quanto fossero inseparabili il lui la generosità, la gentilezza d’animo, la bontà, la rettitudine morale di uomo dal suo essere artista. Una fede profondamente sentita confluiva spesso nelle sue opere di qualsiasi materiale esse fossero fatte: tela, legno, ferro, ceramica, bronzo, gesso, pietra… Tutto si piegava alla sua mano, in particolare, quando doveva ritrarre alcuni temi che riguardavano il Sacro, Pino era per me extra-ordinario. Il “volo” stesso, uno dei suoi temi centrali, ripreso in tanti dipinti e sculture, era il simbolo del rapporto tra l’alto e il basso, tra il finito e l’infinito, tra l’uomo e Dio. Il librarsi in aria è il desiderio di staccarsi dalle miserie mortali per raggiungere l’eterno. Pino, allora, lavorava le sculture in modo incredibile, anche il metallo più pesante assumeva una levità di uccello. Era come se Dio lo ispirasse. Ovunque ha lasciato segni importanti, ma soprattutto ha inciso nei cuori delle persone che hanno conosciuto la sua umanità e la sua arte. Le sue opere risentono tutte di una profonda carica umana, della condivisione per il dolore altrui. Quanto sarebbe attuale in questi tristi tempi di guerra riprendere la visione e lo studio della sua scultura Madre con soldato morente o andare per le strade cercando i bassorilievi della sua Via Crucis, affissi sulle vecchie mura di Grimaldi. Avevo scritto nell’immediatezza della sua morte: “Non basta il semplice ricordo emozionale di coloro che lo hanno conosciuto in vita, bisognerebbe fare un consuntivo filologico del suo lavoro, insomma raccogliere sì le testimonianze orali, ma soprattutto scritti, lettere, documenti cartacei e visivi, e poi i prodotti della sua lunga attività di artista, fotografie, dipinti, sculture, sparsi in ognidove. Oggi è sicuramente troppo presto, ma andrà fatto se vogliamo onorare degnamente Pino Miniaci.”
E’ vero i due anni di Covid hanno impedito di farlo in modo adeguato, ma ora non è più tempo di rinviare. L’estate si avvicina, è la stagione migliore per organizzare fra la sua gente, quella della Valle del Savuto e in particolare tra gli amati paesi di Grimaldi, suo luogo di origine, e Malito, sua terra di adozione, un degno ricordo dell’artista. La Petrara, il suo buen retiro, sia il centro propulsore da cui ripartire. Non è questione meramente sentimentale ma, innanzitutto, artistica. I nostri paesi si stanno svuotando, le attività culturali sono quasi sempre episodiche e non continuative. Con Pino avevamo sempre parlato di questo “difetto”. In Calabria è difficilissimo dare continuità ai progetti perché troppo spesso a difettare sono le idee, nonché il valore dei temi e degli artisti proposti. Diventi Pino, allora, il nostro genius loci. Lanciamo un segnale di inversione di tendenza. Non facciamo morire i nostri paesi. Se riconosciamo in tanti la sua grandezza di artista non lasciamo dispersa la sua eredità. Lo dobbiamo innanzitutto alle giovani generazioni, perché altrimenti, scomparsi coloro che lo hanno conosciuto rischia di scomparire Pino Miniaci. E non è giusto, così come non lo è lasciare sola la famiglia che si sforza continuamente di tenerne in vita la memoria. Ribadisco, allora, quel che auspicavo tre anni fa. Chiedo alle istituzioni politiche, agli amministratori del territorio, alle associazioni culturali, ai volenterosi, di operare in sinergia per valorizzare il lavoro di Pino Miniaci e di farlo con un progetto di lungo respiro, duraturo, annuale. Ci vogliono risorse, energie da spendere, ma soprattutto buone idee. Pino Miniaci aveva una missione: educare al culto della bellezza. Questo era, è, il suo messaggio politico, un messaggio di Bene.