“Spazio Rivoluzione” a Palermo accoglie le ombre nere contemporanee di Mario Consiglio
Spazio Rivoluzione di Palermo accoglie le ombre nere contemporanee di Mario Consiglio
Dal 15 giugno al 15 settembre Spazio Rivoluzione, a Palermo, ospita le BANDIERENERE di Mario Consiglio, una mostra curata dall’artista e ideatore dello spazio espositivo Adalberto Abbate. In uno spazio indipendente e non convenzionale, che nasce nel cuore della città di Palermo, Spazio Rivoluzione ospita la mostra dell’artista contemporaneo Mario Consiglio. Classe 1968, negli anni ’80 inizia a creare una serie di opere tridimensionali, utilizzando la lycra come un materiale che si presta alla sua poetica. Dall’intento provocatorio e comunicativo, le BANDIERENERE esposte quest’anno, sono una collaborazione tra l’artista e il poeta Davide Banda, con il contributo audio del producer Gianmaria Coccoluto. Parole che hanno forma e creano spazio, che si appoggiano alle sonorità distorte, esistenziali e profonde, che creano continui cortocircuiti tra la schiettezza delle frasi, che ricordano quelle da contestazione di una cultura lontana nel tempo, e la duttilità dei materiali utilizzati per realizzarle. «Si parte sempre dal luogo e si immagina cosa possa funzionare » racconta l’artista Consiglio intervistato a proposito della sua mostra. « C’è voluto del tempo per capire come agire. Volevo uscire dalle geometrie e applicare un pensiero dionisiaco al segno , un pensiero che rispecchiasse e raccontasse il periodo difficile che viviamo . Ho immaginato la fine della tecnologia e ho realizzato le opere come un antico artigiano, lasciando appositamente , computer e tagli laser, per la mostra a Spazio Rivoluzione. Ho usato le poesie brevi di Davide Banda, poeta di Modena, con il quale collaboro da sempre, per realizzare le bandiere. Avendo bisogno di un sottofondo sonoro ho invitato a collaborare Gianmaria Coccoluto, un DJ internazionale figlio del grande amico Claudio Coccoluto che purtroppo ci ha lasciati da poco. Gianmaria GNMR ha composto “Datevi Fuoco” una traccia sonora perfettamente in sintonia con l’installazione. Ho pensato a lui come musicista perché sapevo che aveva un lato oscuro da esprimere che andava oltre la sua professione di Dj ,e il brano, che potete ascoltare anche su Spotify, rivela sonorità esistenziali e profonde.» Le ombre nere ricordando gli slogan degli anni ’80 e le frasi da contestazione, quella cultura punk e underground in cui il nero era espressione estetica di un malessere generazionale. In BANDIERENERE il colore diventa vessillo di una libertà espressiva totale e le scritte danno forma alle frasi epidittiche di Davide Banda.
Il tratteggio morbido e quasi rassicurante delle singole lettere, spesse e metriche, si scontra con la scelta del total black, portando il gruppo scultoreo, dissacrante e anticonformista, a stagliarsi sui muri antichissimi dello spazio espositivo. «Negli anni ’90 – racconta Adalberto Abbate, artista e curatore della mostra – l’individuo cominciava a raccontare se stesso, fino ai 2000, l’arte aveva una funzione sociale molto forte. Adesso l’individuo, anche se ha il potere di comunicare, non vuole creare legami sociali, piuttosto vuole una separazione, che è legata alla ricchezza e al potere. La sua è un’ arte che ha un senso anche rispetto a quello che un senso non ha più. La cosa più deludente è che non si discute più neanche riguardo fatti drammatici dai più lontani ai più vicini come ad esempio la questione palestinese, la guerra in Ucraina, le problematiche sociali, i diritti della donna, il quasi crollo del diritto all’aborto. Così l’arte prende posizione; nera, brutta, l’ ombra di una società che pensa di essere splendente e felicissima.» Consiglio cerca di colpire allo stomaco lo spettatore, che vive immerso nel contemporaneo, spesso stratificato e poco ricettivo. L’oggi soffoca e affligge l’uomo che spesso resta inerme, nascosto dietro gli schermi dei cellulari o delle televisioni, schiavo di un sistema che impone un debito già alla nascita. « Rispetto ai lavori precedenti, – racconta Adalberto Abbate – in BANDIERENERE si vede l’emergere di una linea cattiva e anarchica. L’artista non vuole essere più comprensivo.» Le BANDIERENERE si risolvono in slogan, privi in alcuni casi di punteggiatura, parole taglienti che l’artista realizza completamente a mano e senza ausilio di laser, sono in legno, gommapiuma e lycra. « Sono bandiere naufraghe portatrici di slogan. – riporta Consiglio – Sono macchie, stracci che decadono come decàde l’umanità stessa. Non hanno punteggiatura, sono dirette, la punteggiatura metterebbe un freno alla fluidità della frase.Non ho mai usato punteggiatura nelle frasi sui lavori. Il “WHY PAY” (Perché pagare) che è l’unica frase mia nella mostra, sintetizza un pò il sistema che impone già dalla nascita un debito altrui di cui non si è responsabili. Il “perché pagare” può sembrare un pensiero puerile ma ad una lettura cosciente ci si accorge che il sistema denaro è folle e perverso. Il WHY PAY è stato il primo lavoro che abbiamo venduto all’inaugurazione e coerentemente il collezionista non voleva pagarlo. E ‘ stato un bel siparietto. » Sul concetto d’identità, il titolo della mostra potrebbe richiamare quello di appartenenza, intrinseco alla bandiera. « Qualcuno ha associato il titolo all’ISIS o addirittura a una canzonetta fascista in voga durante il ventennio ; niente di tutto questo » ribadisce Mario Consiglio. « Il nero è uno dei colori , anche se colore non è, del pensiero anarchico insieme al rosso. La mia cultura giovanile post-punk era tinta di nero e l’ideologia anarchica tutt’oggi mi affascina. Direi che il titolo BANDIERENERE nel nostro caso si avvicini di più ad un concetto di appartenenza ideologica ma fa anche pensare all’attualità tragica che viviamo alla tempesta emotiva che stiamo vivendo a causa di guerre genocide. Viene da pensare ad un affondamento collettivo imminente. Comprendo che tutto questo sia pessimista ma il compito dell’artista è anche metterti di fronte all’attualità e alla consapevolezza. » L’arte non è solo mera forma, ma pregna di significato e deve fare pensare, risvegliare le coscienze, il pensiero politico ed etico. « Molta arte rimane decorativa per via della forma fine a se stessa ma ci sono artisti che hanno una loro forza sufficiente ad esprimere un pensiero rivoluzionario sia con la pittura che con altri media. Voglio dire » continua Consiglio « che non ho pregiudizi ma artisti bravi ne vedo pochi. La violenza visiva del periodo che viviamo rende le proposte artistiche deboli e spesso insignificanti per non dire del tutto inutili anche se utili ad un mercato. Vedo giovani artisti che raccontano di streghe di gnomi e menestrelli e lo trovo a volte imbarazzante e non mi capacito dove sia finita la loro rabbia, il loro senso civico e il loro protestare. Forse è rivoluzionario anche il loro modo di fare arte rifugiandosi nei sogni ma visto che è una tendenza internazionale mi fa pensare che sia moda. Vedo molta superficialità e disinteresse agli avvenimenti e questo mi fa davvero tristezza. Ma chi più degli artisti dovrebbe prendere posizioni in questo periodo?» Desideri nascosti, rivoluzionari, che guardano al futuro spinti dal desiderio di cambiarlo. Calati in un contesto sociale che i due artisti, Consiglio e Abbate condividono in pieno. Sembra non bastino le guerre e le carestie, le pandemie e l’ isolamento, affinché l’individuo possa ricercare una scintilla, un motivo per risvegliare la propria coscienza, politica e sociale. «Da artista multimediale ed eclettico dedico buona parte del mio lavoro alla comunicazione politica, cerco di fare cose che rappresentino il nostro momento storico, cerco di dire che siamo un orrore come specie e che siamo governati da psicopatici a livello globale e tutto questo cerco di farlo con originalità, stile ed eleganza. L’incontro con Adalberto Abbate nel 2010 ,quando ancora vivevo a Berlino ha fortificato la mia necessità di sviluppare maggiormente lavori che riguardino il contesto sociale scoprendo in lui un artista straordinario molto vicino alla mia idea di arte e oggi con lui e gli artisti di Spazio Rivoluzione abbiamo una collocazione ben precisa nel panorama internazionale. Siamo tra quelli che difendono i più deboli dando voce ,per quanto possibile, a chi non ne ha. Uno dei nostri slogan firmato da Adalberto é – GLI ARTISTI DI SPAZIO RIVOLUZIONE PREVEDONO, ANNUNCIANO E CONTESTANO IL DISASTRO!- e questo fa capire il pensiero che ci accomuna. » Rispetto alla opere precedenti dell’artista, molte delle quali in collaborazione con Spazio Rivoluzione, qualcosa è cambiato. « Nel caso specifico della mostra – racconta Consiglio – ho usato una delle mie tecniche tradizionali che ho inventato quando ero studente in Accademia alla fine degli anni 80. Stilisticamente è il lavoro dove mi riconoscono di più anche se adotto molti stili diversi nel mio sperimentare. Abbiamo optato per una disposizione a muro tradizionale come una mostra di pittura perché in fondo, concettualmente, è pittura anche questa ed è un pensiero ormai conclamato da decenni (questo per i negazionismi tradizionali ). É il contrasto dei materiali che funziona con l’ambiente volutamente fatiscente ed unico di Spazio Rivoluzione, dando un’atmosfera alchemica ed evocativa all’installazione. Tutto è stato creato in funzione dello spazio non sapendo fino all’ultimo se avrebbe funzionato o no, ma alla fine siamo rimasti contenti. Il rischio, in fondo, è la parte più affascinante del nostro mestiere.» Queste opere, poetiche ed evocative, provocano nello spettatore un sentimento nuovo, o forse sopito, che l’artista riesce a risvegliare anche grazie ad una curatela attenta, un allestimento rigoroso, che non lascia niente al caso e rende giustizia alle BANDIERENERE, sottolineandone le forme nell’estetica e nel messaggio, nettamente in contrasto. E’ una continua lotta tra bello e pungente, tra la forza delle parole e la bellezza del tratto, tra il colore nero e i muri consumati di Spazio Rivoluzione. Tutti sanno cos’è l’ estetica, la riconoscono soprattutto nelle opere d’arte, la disciplina riguardante la conoscenza sensibile o la percezione, costituita da insiemi percettivi in un certo senso precostituiti e organizzati. Ma l’estetica ha in se l’oggetto percettivo, l’oggetto del desiderio, con una pluralità di forme e significati intrinseche all’oggetto stesso. « Al giorno d’oggi, il problema è che avendo un livello estetico molto alto non c’è consapevolezza rispetto a quello che ci sta accadendo attorno. Racconta Adalberto Abbate, « Una frase provocatoria che sposta l’attenzione sulla estetica più che sull’etica è “Please coop dont’kill my son in a sunny day. Quest’opera dimostra come il dramma di una madre davanti l’oscenità della morte inflitta al figlio, sia da ascriversi ad un concetto estetico, sentimentale, che si discosta da quello reale. Una frase provocatoria che sposta l’attenzione sulla estetica più che sull’etica. Come se quella giornata di sole mancato sia persino più rilevante dell’atto stesso, l’uccisione del figlio. Un destino impietoso, reso ancor più triste dal mancato compianto di una giornata di pioggia » Vivere nel contemporaneo sta creando mostri, ma il futuro ha bisogno di nuove promesse, nuove forme di comunicazione che attingano dalla nostra storia, anche se la volontà, quanto mai labile, appare e scompare. Lo Spazio Rivoluzione e la sensibilità dell’artista, oltre che quella del curatore, combaciano. Le forze tripartite sono fortemente legate agli sconvolgimenti che stanno avvenendo in questo momento storico, dalla guerra in Palestina a quella in Ucraina, dalle diseguaglianze e le sofferenze che vediamo in paesi che si dicono civili, come ad esempio gli Stati Uniti d’America, fino allo sconvolgimento del posizionamento dei giovani. «Le mie certezze non sono pacifiche» è un’altra frase in mostra che sintetizza ciò che vediamo oggi a livello politico. Ogni nostro gesto è politico, vivendo in comunità, ogni nostra azione si riflette nella mente del nostro prossimo, inducendo, con il nostro esempio, emulazioni o repulsioni, convincimenti o rifiuti delle idee che esprimiamo. Ma in questa contemporaneità, ognuno pensa di avere ragione, inducendo la propria mente a vedere nell’altro un nemico, solo perché diverso da me, nel pensiero e nell’estetica. «Nessuna specie è futura» racconta del nostro fallimento. Una previsione quanto mai realistica, pessimista, di natura critica . L’uomo non ha futuro, guerre, pandemie, isolamento, portano l’artista a prevedere un futuro incerto per la sua specie, prevedendone l’imminente cessazione. In «Fratelli droni» si rappresenta il progresso dominante, che non è nostro fratello ma nemico e ci distruggerà. Un ombra nera sta planando su di noi, rendendo il nostro contemporaneo mostruoso. Consiglio ha cercato, con questa mostra, di creare un linguaggio che ci porti verso una direzione nuova, nonostante un contemporaneo che crea continuamente differenze, nemici e ombre nere su tutti. «Abbiamo intrapreso una discussione attorno alle scritte e alla contestazione di quello che manca, ad oggi, e di quanto ci stiamo impoverendo con questa assenza. » ribadisce Abbate, « adesso esporsi non è più un atto di coraggio ma è un problema. Se ti esponi vieni riconosciuto e cancellato e tutto quello che c’è attorno è un controllo quasi nazista, una gestapo che controlla ogni frase». Mario Consiglio aggiunge « Adalberto Abbate, artista fuoriclasse ,ideatore di Spazio Rivoluzione ha curato la mostra in ogni piccolo dettaglio sostenendo il progetto e dandomi soprattutto forza morale perché quest’anno è stata dura, ho sofferto troppo per gli orrori del mondo e faccio ancora fatica a riprendermi. Ho cercato tuttavia di tramutare la mia sofferenza in veemenza.» In questa società definita da Bauman liquida, all’interno della quale i legami sembrano sempre più inconsistenti, stretta nella morsa del bello a tutti i costi, piuttosto che dell’etica e del pensiero creativo e divergente. Una società che preferisce apparire piuttosto che essere, dove in maniera divisiva e autoritaria tutto si trasforma in merce, persino l’essere umano, l’arte riacquista il suo primordiale senso comunicativo. L’ unico mezzo per cambiare le cose resta l’arte, ma lo spettatore deve avere il coraggio di mettersi in ascolto. Mario Consiglio grazie alle sue BANDIERENERE riesce a creare quel cortocircuito di cui avevamo bisogno, un corto che da troppo tempo non si è più innescato e che potrebbe stimolare verso nuove discussioni, risvegliando nuove consapevolezze che non sono mai morte.
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