Le frequenze pittoriche di Margherita Davì

Nel 1929 Virginia Woolf raccomandava di avere maggior cura del pathos femminile, di proteggere il flusso creativo, la generosità della mente di una donna. E quando denunciava lo stato dell’arte lo faceva in modo delicato ma potente. Scriveva nel suo saggio Una stanza tutta per sé: “La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l’altro di angoscia, e taglia in due il cuore”. Una citazione che va ad allinearsi con l’universo di una pittrice siciliana. Ottima ritrattista, accurata disegnatrice, Margherita Davì è conosciuta negli ambienti artistici isolani. Di recente si è anche fatta apprezzare a Milano, all’interno di una rassegna di arte contemporanea intitolata “Charm of Art”.

[“Frequenze” olio e acquarello su tela]

Dal 12 al 20 marzo la sua opera Frequenze è stata testimone di quella bellezza che la scrittrice inglese aveva immaginato a metà strada tra l’incanto e il dolore, tra la giovinezza e il presagio della fine. Ciò che ascoltiamo, ciò che passa attraverso i nostri sensi è la percezione delle passioni, delle ingiustizie, le guerre, i grandi ideali, che mutano in riflessione, compatimento, fratellanza, unione. E se Margherita Davì in quest’opera tenta l’impossibile connubio tra l’olio e l’acqua è proprio perché parla del dissidio immutabile tra gioia e angoscia: dietro il fanciullo o l’androgino – anche questa un’immagine cara alla Woolf: Orlando, l’uomo che diventa donna, l’essere inclassificabile, semplicemente umano – lì dietro c’è l’ascolto, la consapevolezza e anche un principio di speranza, forse di raggiungere la pace. “La mia pittura non vuole raccontare bensì evocare stati d’animo – spiega Margherita Davì – che sia una dolce malinconia oppure una sottile inquietudine, tende ad essere delicata ma anche forte e solenne, profonda e mai superficiale. Raffiguro spesso volti femminili anche se tendo ad avvicinarmi a qualcosa di universale, che abbraccia tutti gli esseri umani con le proprie fragilità, l’incapacità di stare al mondo”.

[“Moto ascensionale”, acquerello su carta]

Sull’inquietudine e il senso di inadeguatezza l’artista si è spesso confrontata nelle “stanze” ad acquerello che ritraggono se stessa o l’altra da sé immersa in una sostanza amniotica, in preda a stati di apnea o di autocensura: sono disposizioni della mente, la massa dei capelli tende verso l’alto e come i desideri non si ferma. Nel trittico Moto ascensionale la donna è curva, controlla il respiro, accetta i limiti, si arresta. La immaginiamo nel dubbio di un’esistenza occlusiva, in bilico tra la stasi di una dimensione prenatale dunque protettiva e lo slancio verso una nuova avventura terrestre. Liberata dai pregiudizi, la massa dei capelli si posa sulle spalle e la donna comincia a respirare.

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