“Nudità” al Teatro Rasi di Ravenna e al Piccolo di Milano

Non è casuale la postura imponente di Mimmo Cuticchio che domina da deus ex machina il movimento dei suoi pupi, propaggini fisiche dei suoi umori più profondi. E “Nudità”, assieme al danzatore Virgilio Sieni, rappresenta le espressioni più alte di come l’arte del puparo posso travalicare confini mai esplorati. Dice bene il Maestro palermitano che la tradizione non esiste se non si supera attraverso il percorso innovativo di chi osa cambiare. Dalla “tradizione” dei pupi al salto acrobatico verso nuove frontiere sembra l’obiettivo di Cuticchio: parte dal suo immaginario onirico per contaminarsi con altri. E “Nudità” si può definire contaminazione o piuttosto nuova possibilità espressiva? Il corpo del danzatore diventa pupo, lo stesso pupo danzatore e il puparo l’uno e l’altro, in un gioco subliminale di bisogni primordiali.

L’abbandono di ruoli che la plasticità sospesa di Sieni rende possibile attraverso l’assoluta resa al movimento, inteso come gesto libero e rivoluzionario. La stessa rivoluzione del corpo di Francesco D’Assisi che si tramuta in comunione ascetica con la natura e il divino. Lo spettacolo procede per stazioni, per salti evolutivi, dal pupo nudo al pupo armato, che nella sua cruciale svestizione sembra un compianto del Cristo morto. E tra le “macerie” del corpo esausto di Sieni si leva forte il cunto di Cuticchio, contro tutte le guerre del mondo e gli esodi di morti e migranti che si avvicinano dolenti in prossimità delle coste, palcoscenico sordo di schiavitù e di illusorie libertà.

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