Circolo Polare Catartico: un caleidoscopio di emozioni nel nuovo album di Gabriele Martelloni
Nell’Oceano Atlantico, al largo della Florida, nell’area compresa fra le Antille e le Azzorre, vi è una porzione di mare misteriosa e affascinante, il Mar dei Sargassi, che prende il nome dalle enormi distese di alghe del genere Sargassum ivi presenti. Ma questo tratto di mare è anche il posto dove nascono tutte le anguille, che da lì partono per un lungo e avventuroso viaggio che le condurrà in tutti i fiumi e in tutti i laghi del mondo, per poi tornare indietro, quando la fine della loro vita si avvicina, per accoppiarsi e poi morire dove tutto ha avuto inizio. Una storia affascinante in cui si mescolano la partenza e il ritorno, l’idea del viaggio, il senso dell’avventura, la forza e il richiamo impetuoso dell’istinto, e una componente malinconica e nostalgica che rende il tutto estremamente poetico. La parabola esistenziale delle anguille sembra creare un parallelismo con la vita di ognuno di noi, che è fatta di partenze e di ritorni, ed è forse questo il motivo per cui Gabriele Martelloni, meglio noto come giornalista di Rai News 24 ma in realtà musicista e cantautore praticamente da sempre, ha voluto chiamare Sargassi il suo nuovo progetto musicale. Progetto di cui fanno parte, oltre a Martelloni (voce, chitarra acustica, ukulele e autore dei testi) anche Emanuele “Lillo” Ranieri (basso), Luca Costantini (batteria) e Andrea Mescolini (tastiere e arrangiamenti, ma Mescolini è anche colui che ha registrato, mixato e masterizzato il disco). Dopo aver militato nei Nonzeta e nei Nidi di ragno, sfornando un totale di quattro album, Martelloni nel 2019 dà vita a questo nuovo progetto, che nella primavera del 2021 porta alla pubblicazione dell’album di esordio, Circolo Polare Catartico: dieci brani in cui, su una struttura prevalentemente rock, si innestano atmosfere da ballad, per un disco dalle molteplici ambientazioni, nel quale, comunque, a farla da padrone è la chitarra acustica. Notevoli gli arrangiamenti, bellissimi i testi che dimostrano come l’eclettico Martelloni sappia farci con la penna quanto col plettro. Altro punto a favore di Sargassi è l’estrema cura dei dettagli che appare lampante nei video dei quattro singoli finora pubblicati. G.R.D.A., acronimo per “Grande Ricordo Da Annullare”, è un brano scritto all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, nelle dodici ore d’attesa, dopo aver perso il volo per la Sardegna, a causa del traffico trovato sul Grande Raccordo Anulare, ed è impreziosito dal video realizzato dal collega giornalista Giammarco Sicuro in una splendida location neozelandese. Il video di Sotto a chi tocca è girato da Matias Verdecchia e Gianni Ferrara nel castello di Montegiove (TR) e nella vecchia caserma di Ficulle (TR), mentre quello di Come l’Indonesia ci mostra, attraverso le riprese effettuate da Florence Crimon, una bellissima e deserta Roma in lockdown, mentre ancora Cartilagini, girato da Matias Verdecchia tra Orvieto, Parrano (TR),e San Lorenzo Nuovo (VT) racconta per immagini, tra auto d’epoca e un make-up curatissimo, una romantica storia d’amore e diversità. Il collettivo Sargassi è approdato alla finale nazionale di Sanremo Rock 2022 e nel 2021 ha partecipato al Premio Tenco nella categoria Miglior Disco d’Esordio. Nell’estate 2022, quando finalmente si è potuti tornare a suonare dal vivo, la band si è esibita all’Hard Rock Cafè di Firenze e al Radical Sheep Fest di Fabro (TR) mentre a settembre è stata la volta dell’Ariston per Sanremo Rock e il concerto allo storico locale Mamely di Sanremo. E siamo certi che non si fermerà qui. Il disco si apre con quella che suona come una vera e propria dichiarazione programmatica: «Quello che non mi ha squassato dentro nel profondo non è mai successo /Non c’è traccia in me, neanche un frammento/ Resterò qui al circolo polare catartico/ dove non c’è il peso di tutto ciò che non conta/ Ma una cosa è certa:/ Io non sono un’isola/ io sono un arcipelago/ Come l’Indonesia, sono diciassettemila e sono uno/ Tutto ciò che provo l’ho provato in cento modi e più/ Sono e sempre sarò un caleidoscopio» (Come l’Indonesia). Introdotto dall’intenso sax di Filippo Bianchini, Sotto a chi tocca ha un testo fortemente introspettivo che non fa sconti nella sua ruvidezza, in un crescendo sincopato di chitarre elettriche, batteria e cajon. Nel video, girato non a caso in bianco e nero, la scena degli scacchi ricorda quella celeberrima del cavaliere Antonius Block con la Morte ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Ad avvalorare tale suggestione contribuisce la location prescelta, ossia il castello medievale di Montegiove (al confine fra le città di Orvieto e di Perugia). La partita a scacchi, però, questa volta, con il conseguente sotteso invito a guardarsi allo specchio (altro tema bergmaniano, quello dello specchio) per raggiungere una redenzione personale, non è con la Morte ma con sé stessi. Tra solitudine e paura d’amare scorre il testo di L’alba non viene mai: «Vago in circolo come pulviscolo/ Passo i giorni a dondolarmi nel nulla/ Ma sto per spegnermi, hai d’accendermi?/ E la risposta è sempre quella che so/ L’amore conta, corri a nasconderti più in fretta che puoi/ E anche stavolta dietro quel muro non ci troverà mai, vedrai». Tra il timore che «i desideri espressi nel tempo» (L’ingenuo della lampada) si possano avverare e la consapevolezza che le occasioni perse forse le si è lasciate andare via di proposito – «Era in orario l’attimo giusto/ Peccato che sbagliato fossi io/ […] Sembra già un secolo che persi quel metrò/ E forse l’ho fatto di proposito» (Quel metrò) – il disco procede spedito mentre la bella e calda voce di Martelloni ti si imprime nella memoria, come alcuni versi, che, come rapide e incisive pennellate, dipingono verità profonde: «No, non temo il dolore/ che fa bene per quanto fa male/ […] Perfette metà, ma che senso avrà unirle?/ Quando sono mezzo ma sono me stesso non manca proprio niente» (G.R.D.A.). Delicata e intensa ballad, Cartilagini, ci catapulta dentro al mistero dell’amore con versi che ne sottolineano il carattere ossimorico («Sei l’inquietudine delle ore liete/ Un altro giro di giostra mentre fuori è tempesta») e inquietante («Provochi paura folle e ancestrale») ma anche la sua irrinunciabile bellezza che inevitabilmente porta alla reiterazione del sentimento, giusto o sbagliato che sia (« Sprecherò l’eternità/ A inseguire ciò che sembra più non esista/ Se fa stare meglio è un’arma a doppio taglio come te/ […] Sei proprio come tutti gli sbagli fatti/ Solo per poi ricommetterli»). Quello stesso amore che in Vita di prova può diventare «l’imprevisto che ridisegna il mondo» e riscattarlo dalla sua artificialità. Alla teoria del medico Duncan MacDougall, che nel 1901 condusse una serie di esperimenti che lo indussero a formulare la suggestiva teoria secondo cui l’anima peserebbe 21 grammi, teoria resa celebre dal famoso film di Alejandro González Iñárritu, intitolato proprio 21 grammi, è il brano 21 drammi: «Cos’altro potrebbe mai succedermi?/ L’anima mia pesa già 21 drammi/ Fra diavoli e santi temo i secondi/ Lasciami dormire qui fra i miei demoni/ […] Lo pago in contanti il prezzo dei giorni/ Sprecati dietro a fisime incontrollabili/ Un dramma alla volta, quanto pesa l’anima?». Minimalista ed essenziale, il brano finale, Robot, tutto giocato sulle chitarre acustiche, nasce dalla collaborazione col trio orvietano Bartender: «Se tornassimo indietro a quando/ Lo stupore e l’entusiasmo/ Prendevano ogni volta il sopravvento/ Se non smettessimo mai d’iniziare?/ […] Se riuscissi a rimuovere/ Questo bug incessante che/ Trasforma cose speciali in abitudine/ Se non smettessimo mai d’iniziare?». Già, se non smettessimo mai d’iniziare. E se fosse proprio questo il segreto per vivere intensamente ogni momento? Magari accompagnandolo con della buona musica, proprio come quella di Sargassi.