Ada Celico: “Femminota”
«Mio padre era dolce, liscio, pettinato.
La prima volta l’ho visto che forse avevo due anni?
Lo avevo visto anche prima,
quando non camminavo ancora,
e qualcuno veniva alla tua porta, tu aprivi,
Salvatore vuole vedere la bambina.»
Ada Celico è cosentina purosangue anche se con il titolo del suo nuovo romanzo – «Femminota», pp.292, euro 18, Edizioni Efesto – fa riferimento alle donne di un’altra area della Calabria con cui l’autrice sente molta affinità, quelle di Bagnara. Donne libere che stavano buona parte dell’anno senza i mariti imbarcati su ogni tipo di nave, le bagnarote erano abituate fin da piccole a contare solo su se stesse, nel bene e nel male. «Le Femminote dello Stretto di Messina, descritte da Stefano D’Arrigo in Horcynus Orca, erano donne di commerci e di sale. Contrabbandiere per necessità, nascondevano il prezioso minerale nella doppia fodera dei loro vestiti. Nel coraggio, nei corpi forti e ben fatti, nel senso di libertà, nella fatica di queste donne ho ritrovato mia madre. Lei aveva le gambe possenti delle donne dipinte da Tamara De Lempicka. Alta di statura, con mani grandi come ventagli, capaci di uccidere un uomo solo stringendolo alla gola. Era così. Ed era mia madre. Accanto al suo corpo apparivo e mi sentivo una virgola di femmina troppo simile alla normalità di mio padre. Lui, pur alto, era un uomo delicato.» La scrittrice calabrese ha pubblicato negli anni diverse opere narrative: Io, donna di Calabria (Santelli 1990), Il prato delle libellule (Pellegrini 1994), Una casa di carta per mia madre (Rubbettino 2006), Io e le spose di Barbablù, (Mursia 2010), romanzo anticipatore delle tematiche sulla violenza contro la donna, che ha avuto un particolare riscontro di critica e successo di pubblico. Ada Celico si è occupata anche di scrittura critica come redattrice dell’Enciclopedia dei Paesi della Basilicata e come collaboratrice del Centro Studi Ricerca e Documentazione Donne dell’Università della Calabria; per gli Atti del Convegno Internazionale CADMI ha scritto il saggio Giocare la vita, vincere la vita (Franco Angeli 2007).
Con Femminota, romanzo intimista e femminista l’autrice conferma definitivamente la sua maturazione letteraria. «Ancora tu. Sei bella davvero, non perché sono belle tutte le mamma. Sei alta, ben fatta, hai bei fianchi, un bel seno. Una treccia di capelli neri fa da cornice alla testa, come un cerchietto naturale. Cammini per la città e se qualcuno ti viene dietro non esiti a farlo scappare. Mi hai persino raccontato che una volta hai usato un ombrello. Immagino il tuo istintivo ancheggiare, il movimento della stoffa sui fianchi, e l’uomo che ti viene dietro attratto da quel filo bizzarro. (…) Lui era bello e sapeva incantare una donna che scende dal paese dove gli uomini hanno la voce del comando e non sanno accarezzare che con ruvida mano. Lui aveva le mani lisce. Mani dove la tua bocca, mamma, ha indugiato.» Ha scritto Anna Petrungaro sul lavoro della scrittrice calabrese: «Quello di cui Ada Celico scrive riguarda non solo la propria storia, quella di sua madre, di suo padre, ma anche la storia della Calabria. Riguarda la letteratura con il collante di Horcynus Orca, questo monumento della letteratura italiana in cui le Femminote acquistano identità e dignità. E l’acquistano attraverso l’artificio della scrittura. Sono tante le donne calabresi e non solo che, pur non ricoprendo il ruolo di Femminote e non abitando nella stessa zona della Calabria, ricalcano i tratti, i comportamenti, l’anticonformismo, l’audacia e la straordinaria forza di queste figure leggendarie. Questo corpo di ricomposizione e risignificazione affettiva ci viene consegnato con una tensione costante, un patos comunicativo ininterrotto, dall’inizio alla fine.»