IL VIAGGIO STORIE DI MIGRANTI DI IERI E DI OGGI

Catania, Zo centro culture contemporanee

Spettacolo saggio del Laboratorio Accademico di drammatizzazione permanente del Centro studi Teatro e Legalità diretto da Nicola Costa.

 

Nicola Costa è da sempre artista impegnato e, potremmo dire, militante, anche se nell’ultimo spettacolo da lui scritto e diretto, ci tiene a sottolineare che non c’è intento politico, tanto meno partitico, nella sua scrittura. C’è solo una forte presenza civile che sfrutta l’arte, il teatro in particolare, come luogo della coscienza, luogo del racconto che si fa voce di un’esigenza di testimonianza e di memoria.

Lo spettacolo in questione è Il Viaggio, Storie di migranti di ieri e di oggi, che è andato in scena il 24 e 25 giugno a Catania allo Zo Centro culture contemporanee e che è stato affidato agli artisti e allievi del Laboratorio Accademico di drammatizzazione permanente del Centro studi Teatro e Legalità: Patrizia Auteri, Tiziana Cosentino, Tiziana D’Agosta, Daniele Di Martino, Filippo Giurbino, Simona Grasso, Noemi La Cava, Jessica Montemagno, Leonardo Nicolosi, Adriana Pistorio, Agata Raineri.

Il testo scritto e diretto dallo stesso Costa, con l’aiuto di Conny La Cava, è un racconto corale che si pone l’obiettivo di ricordare allo spettatore (perché è ancora necessario) che quei migranti che oggi guardiamo con diffidenza, isoliamo, allontaniamo, temiamo, facciamo morire in mare, sfruttiamo e uccidiamo, siamo stati anche noi, non troppo tempo fa, senza troppe differenze. Una voce fuori campo, metallica, quasi robotica, quasi dis-umana, avverte il pubblico che si sta per assistere a un racconto duro, ma necessario perché peggio di tutto ancora sarebbe continuare a tacere.

Poi prende vita una narrazione che si dipana dalle voci dei tanti artisti schierati sul palco nelle vesti di migranti, clandestini, stranieri, esuli, rifugiati, profughi… uomini e donne che nel tempo e nel presente hanno vissuto l’angoscia e la paura e la miseria e la nostalgia e la fame e la violenza di chi è costretto a fuggire dalla propria terra.

Si serve di riferimenti ad altri testi, ad altri autori Costa, dall’Esodo del Vecchio Testamento a Sciascia e poi della cronaca contemporanea e dei poeti del nostro tempo, come Erri De Luca.

Sul palcoscenico, che rimane l’unico campo di battaglia percorribile, lo afferma il testo, lo dice il regista nelle sue note: “Tutta l’arte è un’urgenza e talvolta un medicamento», è possibile risvegliare le coscienze da quello stato di assuefazione a cui siamo da anni sottoposti. I numeri dei morti in mare non ci colpiscono più; una volta cento, poi cinquecento, poi ottanta, poi trecento, poi non si sa…

Non siamo capaci di dire se questa carneficina che chiamiamo migrazione riguardi 50000 persone o di più. Non li contiamo, non li seppelliamo, non li piangiamo. Quei corpi non esistono.

E invece bisogna dirlo, urlarlo tutto l’orrore, tutto il male che c’è dietro a questo fenomeno, oggi come sempre.

Nicola Costa -reduce da una lunga tournée nazionale con lo spettacolo Come tu mi vuoi di Pirandello,  e da una serie di repliche del suo Solo l’amore conta – Omaggio a Pierpaolo Pasolini – ha deciso di svegliarci dall’oblio con le urla, potenti, rauche o assordanti, dei suoi interpreti per farci provare, almeno, una pietas che si fa preghiera sul finale con le parole di Erri De Luca e della sua poesia Mare Nostro.

Gli interpreti hanno restituito soprattutto la cifra della coralità in un teatro di narrazione con una gestualità minima e una forza espressiva frutto di molto lavoro, impegno e passione.

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