IN CERCA DI UN SI’, alla sala Futura del Teatro Stabile di Catania
tratto dall’omonima novella di Vitaliano Brancati, riduzione, adattamento e regia Nicola Alberto Orofino.
Scene e costumi Vincenzo La Mendola, luci Gaetano La Mela.
Con Franco Mirabella, Giovanni Arezzo, Daniele Bruno, Alberto Abbadessa
Produzione Teatro Stabile di Catania.
Lo spettacolo In cerca di un sì, andato in scena dal 29 maggio al 1° giugno 2025 presso la Sala Futura del Teatro Stabile di Catania, rappresenta un’affascinante trasposizione teatrale del racconto di Vitaliano Brancati.
Sotto la regia di Nicola Alberto Orofino, In cerca di un sì si inserisce nel ciclo di spettacoli dedicati allo scrittore siciliano, nato a Pachino ma catanese d’adozione, dal Teatro Stabile di Catania, che ha incluso anche Sogno di un valzer e Don Giovanni involontario, confermando l’impegno del teatro nel valorizzare la letteratura siciliana e nel proporre al pubblico opere che stimolano la riflessione attraverso una narrazione coinvolgente.
Vitaliano Brancati, per orientamento culturale e gusto morale voleva essere un razionalista, ma nell’intimo era affascinato da contraddittorio groviglio e dal peso della sensualità e da un certo gusto surreale e grottesco che sembra partire dalla lezione di Pirandello per avvicinarsi a certe situazioni paragonabili ai racconti di Gogol.
Il racconto In cerca di un sì, pubblicato nella raccolta Il vecchio con gli stivali (prima edizione nel 1946) contiene una serie di piccole gemme della Letteratura del Novecento. Questo, in particolare, è una riflessione che pone sul piano dell’assurdità del motivo narrativo la più antica paura dell’uomo: quella della morte. Non sappiamo se Brancati avesse presente la tragedia di Euripide Alcesti nell’immaginare la vicenda del protagonista al quale viene data una seconda possibilità dopo la morte. Ma sappiamo che tanto cinema degli anni Quaranta, Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila (come non pensare al bellissimo La vita è una cosa meravigliosa di Frank Capra, o Il Paradiso può attendere di Warren Beatty o Ghost di Zucker o il più recente Momenti di trascurabile felicità?) si è ispirato al pensiero che si possa tornare sulla terra dopo la morte anche solo per pochi momenti.
La trama del racconto segue Riccardo, un uomo deceduto in un tragico incidente stradale che desidera ardentemente tornare nel mondo dei vivi.
“Ma voi mi avete tirato fuori di scena prima che avessi pronunciato le battute finali. Le avevo in mente. Erano le migliori! Gli amici non ci capiranno niente nella parte che ho recitato laggiù!” Riccardo protesta davanti al Gran Segretario, un dio laico e burocrate, e chiede di tornare sulla Terra, di avere il tempo di salutare e di impedire tanto dolore alla madre. Gli viene concesso perché, in effetti, c’era stato un errore di calcolo nell’esecuzione della sua morte ma per realizzare questo desiderio, dovrà ottenere l’approvazione di almeno uno dei suoi amici ancora in vita, un solo amico -non una donna, non un parente- da annotare su un rotolo celeste consegnatogli.

Per restare fedele alla struttura della novella e non stravolgere il testo di Brancati, Orofino ha aggiunto un personaggio che fa da collante e da narratore: lo stesso Vitaliano in scena, Franco Mirabella, come riferisse il racconto e legasse i frammenti dove Giovanni Arezzo ha dato corpo passando velocemente, a volte in scena, da un personaggio all’altro, al Gran segretario e anche a Luigi, costantemente in lotta con un sonno improvviso; Leopoldo, uomo d’azione che vive la giornata d’un fiato; il professor Resegoni, totalmente egocentrato, disposto solo a parlare di sé, e Guglielmo, sempre alla ricerca di risposte esistenziali. Ha caratterizzato, con la perizia che gli riconosciamo da tempo, regalando parte di sé, della sua fisicità, ad ogni figura e ha scolpito immagini che difficilmente si dimenticheranno (una su tutte il prof. Resegoni). Alberto Abadessa ha interpretato in maniera convincente Leone, incline a interrogarsi sul senso dell’esistenza, Giovanni, immerso nel suo ottimismo, e l’angelo usciere.
Col portamento stralunato e lo sguardo interrogatorio, la voce tremante nella paura e nello sbigottimento di ciò che gli sta accadendo, Daniele Bruno nei panni di Riccardo.
Seguiamo la sua richiesta, la sua ricerca della risposta, di quel sì che gli viene negato inspiegabilmente. Si fa sempre più dubbio il suo percorso, sempre più sofferto. Nessuno degli amici ritiene valga la pena di scrivere un semplice “sì” per farlo tornare in vita. Il paradosso di Brancati si fa dramma doloroso in quella negazione. In un climax che va dalla comicità al tragico, Daniele Bruno ci commuove quando capisce che dovrà tornare indietro, che il tempo a sua disposizione sta per scadere e pensa alla madre. Riccardo chiede a Vitaliano cosa fare e qui -il vero coup de theatre di Orofino- Bruno presta tutto se stesso al personaggio, non solo la voce e il corpo, la maestria e la confidenza col palco, ma la sua stessa vita, la sua stessa memoria. Mentre Riccardo pensa alla madre che soffrirà per la morte del figlio, scorrono su uno schermo in scena le foto di Daniele piccolo, coi genitori, poi adolescente, poi ragazzo. La vita intera. Dalla novella alla scena, dallo straniamento totale, all’immedesimazione totale, complice anche la scelta della canzone di sottofondo: Vivo di Laslo De Simone.

Foto di Antonio Parrinello