L’Ultima estate, Falcone e Borsellino 30’ anni dopo di Claudio Fava il 21 agosto al Teatro di Zafferana Etnea

Dopo tre anni dal debutto al Teatro Stabile di Catania e dopo una lunghissima tournée nazionale e internazionale torna nel catanese il 21 agosto al Teatro Falcone e Borsellino di Zafferana Etnea, lo spettacolo Lultima estate, Falcone e Borsellino trentanni dopo. Lo spettacolo della compagnia KNKTeatro, con la regia di Chiara Callegari e con in scena Simone Luglio (Falcone nella serie tv rai La Mafia uccide solo destate di Pif) e Giovanni Santangelo, è prodotto da ERT Emilia Romagna Teatro. L’evento del 21 agosto alle ore 21.30 rientra nel cartellone di Etna in Scena 2025 ed è promosso da Iterculture e Teatri Riflessi .

LUltima Estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo ripercorre gli ultimi mesi di vita dei due magistrati palermitani. Fatti noti e meno noti, pubblici e intimi, per raccontare fuori dalla cronaca e lontano dalla commiserazione, la forza di quegli uomini, la loro umanità, il loro senso profondo dello Stato. Sottratti all’apparato celebrativo che ha fatto di loro delle icone cristallizzate, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono qui raccontati nella dimensione più autentica e quotidiana, che nulla toglie al senso della loro battaglia, ma li completa come esseri umani.

Lo spettacolo ha da subito ottenuto l’attenzione e poi il sostegno della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed è andato in scena nei teatri di tutta Europa e Nord Africa e in prestigiose sedi istituzionali come la Corte di Giustizia Europea in Lussemburgo ed è al momento l’unico spettacolo teatrale mai andato in scena all’interno della Corte di Giustizia. Parallelamente all’intensa tournée estera, lo spettacolo ha superato le 150 repliche in Italia e nell’ultimo anno è approdato sui palcoscenici dei più importanti Teatri Nazionali.

Per l’originale chiave registica e l’intensa immedesimazione dei suoi interpreti, lo spettacolo ha ricevuto vari premi e riconoscimenti tra i quali il Premio Ferrini 2024, il Premio Scudo 2022 e il secondo posto al Premio Nazionale In-Box 2022.

Con una costruzione scenica a metà tra il teatro di parola e il documento di testimonianza, il testo inizia con le due narrazioni parallele di quei momenti, forse attesi ma, drammaticamente, definitivi.

Specularmente, come speculari sono stati nella vita, i due uomini, visti proprio nella loro umana fragilità, si raccontano.

E da lì procede, con un flashback che porta lo spettatore indietro nel tempo, la ricostruzione di tutta quella lunghissima vicenda che fu l’istruzione del maxi processo, l’indagine capillare del pool antimafia, l’isolamento all’Asinara e il lavoro durato giorni e nottate per trovare prove schiaccianti che portassero a condanne certe, senza possibilità di assoluzioni o rinvii.

Giovanni Falcone, con il suo entusiasmo, Paolo Borsellino con la sua fede incondizionata nello Stato, lavorano nelle condizioni più difficili, ascoltano orribili testimonianze di uccisioni, eliminazioni di cadaveri, guerre vere e proprie. Ma non sono eroi. Il ritratto che ce ne fa Claudio Fava non è quello di due eroi tutto d’un pezzo. Qui sono servitori dello Stato che devono mettere da parte la loro paura, la esorcizzano indossando una corazza di ideologia e legalità e vanno fino in fondo.

Furono traditi da quello Stato che loro servivano. Prima si demolì la loro immagine pubblica, si insinuarono, soprattutto su Falcone, veleni fatti di calunnie e dubbi. Ed è lì che cominciarono a morire. “Si muore quando si resta soli” recita Giovanni Santangelo nel ruolo di Paolo Borsellino.

Cosa deve essere stato per lui, per Paolo, quel sabato pomeriggio? Quella sconfitta, quella perdita del suo amico-fratello e la consapevolezza della violenza estrema di quell’atto? Quale deve essere stata la sua rabbia, il suo tormento, il suo terrore? E la profonda solitudine nella quale si trovò?

In questa solitudine aveva deciso di continuare, di testimoniare, di raccontare. Aveva annotato tutti i nomi, i rapporti, i passaggi, i riferimenti che avrebbero dovuto portare più in alto di dove era arrivato Giovanni, ai mandanti, ai veri capi dentro i ministeri. Tutto era dentro un’agenda rossa. La famosa agenda rossa mai ritrovata che, qui, vediamo sulla scrivania.

Sono stati uccisi uno dopo l’altro i due giudici, trentatré anni fa (molto toccante la scena in cui si inseguono, come in un sogno, dopo la morte di Giovanni, con la musica di sottofondo della celebre aria di Hendel Lascia chio pianga).

Sono stati uccisi, insieme, una nuova volta – questo ci ricorda il finale- quando, il 23 settembre del 2021 la sentenza della Corte d’assise d’appello di Palermo sancì che c’era stata una “trattativa” tra lo stato –la maiuscola sarebbe troppo qui- e la mafia, ma questa non costituiva reato.

Due personaggi speculari, due attori complementari guidati in forma asciutta dalla regia di Chiara Callegari.

Una scenografia essenziale (curata dallo stesso Luglio) con una scrivania, una macchina da scrivere Lettera 22, uno schedario, da quale vengono fuori piccole lampade con le date degli eventi per riportarci indietro e, ahimè, anche nel presente.

Uno spettacolo necessario per chi volesse ricordare o conoscere la dolorosa vicenda di due grandi eroi per forza.

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