Totò, Peppino e… Beckett: originale e singolare messa in scena del beckettiano “Finale di partita” al Mercadante di Napoli

Oltre che un omaggio a Samuel Beckett, come suggerisce il sottotitolo di questo affascinante e struggente ultimo spettacolo di Antonio Capuano, T&P Totò e Peppino, credo voglia essere, forse a sua insaputa, anche il riconoscimento di un magistero teatrale della migliore avanguardia partenopea di cui Leo de Berardinis e lo stesso Capuano ne sono stati, anche se in maniera diversa, fra i più straordinari e illuminanti interpreti. Al Totò, principe di Danimarca (1990) di Leo lo spettacolo visto in anteprima al Teatro Mercadante di Napoli deve quel felice esito di tragedia intrappolata nella farsa; ma non quella di “scuola napoletana”, ma l’altra algida, imperterrita e tumefatta di Buster Keaton. Un vecchio, bellissimo sipario da teatro all’antica di Napoli fa da quarta parete all’inizio dello spettacolo; alla sua apertura ci immette subito in un riconoscibile “spazio beckettiano”, più precisamente quello che il drammaturgo irlandese aveva definito per il suo Finale di partita: al centro una poltrona in cui sta seduto Clow, sul fondo in alto una finestrella da cui si guarda al di fuori, una scala, una uscita di servizio per Hamm, sulla destra campeggiano pure rami di un alberello. Non si scappa: l’ambiente è quello “assurdo” descritto nel testo originale, ma quando i due attori in scena iniziano a parlare le cose cambiano e quella situazione di base, astratta, surreale, metafisica si rivela nel suo contrario: naturalista, vera, popolare perché nelle parti di Hamm e Clow ci sono due magnifici attori partenopei Roberto Del Gaudio e Carlo Maria Todini, nei ruoli rispettivamente di Totò e Peppino che intanto sono diventate delle autentiche “maschere” del teatro e del cinema italiano (Totò di Che cosa sono le nuvole di Pasolini e il personaggio di Pappagone per Peppino) così che alla fine dobbiamo fare i conti con una “doppia” interpretazione che azzera qualsiasi tipo di significato Hamm e Clow hanno avuto da quando sono apparsi sulla scena teatrale (aprile, 1957). Dal testo di Beckett al Copione di Capuano il passo è abbastanza lungo e nasce da quella che definirei una fantasia, o finzione borgesiana in cui l’autore-regista napoletano immagina (sogno, ma forse no!) uno spettacolo di cui si sono perse le tracce e che vide in scena forse per una sola recita Totò e Peppino dare corpo e voce ai due personaggi beckettiani; non essendo rimasto nulla di quella memorabile serata, Capuano s’inventa e riscrive “ lo spettacolo che non c’è”, ma che poteva essere e forse “è stato”, in una totale immedesimazione con quell’evento perduto. In una composizione drammaturgica originale e binaria ricompone il suo Finale di partita col ricordo che ha, vivo e sempre presente, dei due gloriosi artisti napoletani rubando dal loro repertorio le battute e le frasi più celebri, inserendole nei dialoghi beckettiani con perizia chirurgica, ed anche con un sovrappiù di intelligenza drammaturgica e sentimentale, in una “distanza” emotiva piena d’affetto, partecipazione e malinconia retrò che rimane il dato più snsibile e sincero dell’intera rappresentazione. Aggiunge anche frasi da L’Innominabile e Malone muore dando al testo quella letterarietà beckettiana perduta. Ma sono Roberto Del Gaudio/Totò e Carlo Maria Todini/ Peppino gli eroi della serata che ce li fanno ricordare senza farceli rimpiangere proprio perché non si mettono in gara con quegli attori inarrivabili ma semplicemente li “citano” per quello che resta di loro nel nostro rimpianto (lampi dal film Gli onorevoli e ‘A livella): il divertimento intellettuale e scenico è così assicurato, senza nostalgia, per la possibilità di vedere ed udire, direi quasi toccare con mano quel mondo scomparso come se fossimo dentro un sogno sotto le luci del Varietà, o dell’Avanspettacolo. Deprivati della psicologia dei loro duplici personaggi, Del Gaudio e Todini si divertono a giocare scenicamente di guizzi e illuminazioni recitative funamboliche e futuriste in una dinamica scenica obbligata ma non per questo meno libera e sorprendente. Da un televisore degli anni ’50 sempre acceso arrivano immagini di film dimenticati e canzoni napoletane d’epoca (Mario Merola) che contribuiscono a restituirci un’atmosfera realistica e pregnante di un periodo d’oro della storia dello spettacolo popolare italiano che ci rende Beckett meno “estraneo” e più vicino all’universo teatrale napoletano (Eduardo incluso) di quanto sospettassimo. Molte cose hanno concorso alla riuscita della serata, a cominciare dalla scena pittorica e pop ideata da Antonella De Martino, ai coloratissimi costumi di Francesca Balzano, alle musiche accattivanti, d’accompagnamento, di Federico Odling, alle pertinenti e seducenti installazioni video di Alessandro Papa. Molto successo di pubblico e grandi applausi ai due magnifici interpreti, osannanti, poi, all’indirizzo di Antonio Capuano chiamato festosamente sul palcoscenico.

 

T&P
TOTÒ E PEPPINO
omaggio a Samuel Beckett
testo e regia Antonio Capuano
con Roberto Del Gaudio, Carlo Maria Todini
scene Antonella Di Martino
costumi Francesca Balzano
disegno luci Antonio Capuano
musiche Federico Odling
video Alessandro Papa
aiuto regista Emanuele Donadio
assistenti scenografi Gianluigi Marrazzo e Rita Marino
assistente costumista Luciana Donadio

direttore di scena Enzo Palmieri
datore luci Angelo Grieco
fonico Paolo Vitale
sarta Daniela Guida

foto di scena Ivan Nocera

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

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