Una donna contro i fascisti: «Ester e il sovversivo», il romanzo d’esordio di Pierluigi Pedretti

Una donna contro i fascisti: «Ester e il sovversivo», il romanzo d’esordio di Pierluigi Pedretti

«Era arrivato alla fine del mondo». Così, con un misto di sgomento, di incertezza e di inattesa meraviglia Ludovico – il protagonista del romanzo di Pierluigi Pedretti «Ester e il sovversivo» – chiosa il suo arrivo nella Calabria alla fine degli anni ’30 del Novecento. Vedovo, al confino per oscuri motivi politici, strappato dal suo Trentino – dove ha lasciato anche il figlio Teo – Ludovico intraprende un percorso conoscitivo e di formazione all’interno di una terra difficile e contraddittoria, sulla quale pesavano (ora come allora) durissimi pregiudizi. La sua destinazione è Grimaldi, un paese del cosentino, segnato dalla violenza di una locale squadraccia di fascisti e angustiato dal clima più generale di sopraffazione che prelude all’immensa tragedia del secondo conflitto mondiale: la miseria della Storia, dunque, dentro una storia di miseria. Lì però incontra anche Ester, un’altra diversa: perché ebrea, anche lei costretta alla marginalità sociale, religiosa e fisica – la Judeca del paese – «stria e magara» agli occhi della comunità. In realtà la giovane, insieme alla nonna Rachele, è portatrice di una conoscenza ancestrale, di un sapere altro (Pedretti ha ben in mente la lezione di Carlo Ginzburg di «Storia notturna» e de «I benandanti») come era spesso tipico del mondo contadino, nel quale sopravvivevano ancora sacche non cristianizzate. Sarà proprio Ester a prendersi letteralmente cura di Ludovico, «furesteri» e sovversivo per di più, sanandolo nel corpo e nello spirito e iniziandolo al mistero di nuove esperienze e di un nuovo amore. Ludovico, suo malgrado, è testimone di avvenimenti sanguinosi – una serie di efferati delitti che forse di politico hanno ben poco nonostante falcino le vite di alcuni miliziani – e che Pedretti rielabora da una vicenda reale (le cui testimonianze trovano spazio nell’ampia appendice) e riportata alla luce grazie ad una appassionata ricerca di archivio. In questo modo il romanzo, attraverso lo sguardo dei protagonisti, getta una luce piena su quella regione remotissima (Ludovico consulta quasi compulsivamente «Calabria» di Corrado Alvaro, in una sorta di percorso parallelo di consapevolezza): Pedretti tratteggia e descrive infatti luoghi e situazioni su cui aveva attentamente riflettuto in «Un demone in bicicletta» (Le Farfalle, 2018), mai in maniera pedissequa, esplorando la mentalità che fa da sfondo alla vicende, inserendola all’interno di una puntuale ricostruzione storico-antropologica. Il romanzo alterna i tempi della narrazione tra passato – i flashback dell‘infanzia di Ludovico in Trentino, l’incontro con Rilke nel kukort di Arco, la famiglia e la morte della moglie Erminia, la Grande Guerra e la ricerca di una identità – e presente: il rapporto con i calabresi e le autorità, i contatti con gli antifascisti, lo scontro con i miliziani, la storia nella storia con Ester. E se da un lato si pone come atipico noir storico, aprendo davvero anche uno squarcio sulla Calabria in camicia nera e sulle comunità ebraiche di quella regione, dall’altro racconta la passione delicata e discreta tra due mondi lontanissimi – Ludovico il sovversivo ed Ester – i quali, poco a poco, trovano un comune terreno d’incontro: la comprensione, la solidarietà e infine l’amore profondissimo, prima che il destino e i tempi travolgano inesorabilmente tutti e tutto.

Pierluigi Pedretti, «Ester e il sovversivo», Edizioni Efesto, Roma, 2025, euro 15,00

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