𝗤𝗨𝗘𝗦𝗧𝗔 𝗦𝗘𝗥𝗔 𝗦𝗜 𝗥𝗘𝗖𝗜𝗧𝗔 𝗔 𝗦𝗢𝗚𝗚𝗘𝗧𝗧𝗢, di Luigi Pirandello

Al Piccolo Teatro della Città di Catania

regia di Nicola Alberto Orofino con Miko Magistro,Egle Doria,Barbara Gallo, Giovanni Arezzo, Luca Fiorino, Lucia Portale, Anita Indigeno,Eleonora Sicurella, Giorgia Faraone, Daniele Bruno, Luigi Nicotra, Vincenzo Ricca, Alberto Abadessa, Alessandro Chiaramonte, Amedeo Amoroso, Grazia Casetti, Chiara Di Gregorio, Carmelo Incardona,Iris Concetta Lombardo | e con le piccole Arianna Garaffa e Marina Doria

Assistente alla regia Gabriella Caltabiano, scene e costumi Vincenzo La Mendola, rielaborazioni musicali e soundtrack live Giorgia Faraone | luci Simone Raimondo, | produzione Associazione Città Teatro

“Il soggetto” di Orofino

In realtà lo spettacolo che è andato in scena a Catania dovremmo definirlo Questa sera si recita al soggetto di Orofino.

Intendiamo dire che la regia del più innovatore e sperimentatore regista catanese, ormai di importanza nazionale, si è rivelata il suo personale “soggetto” nel senso che alla complessità di uno testi più rivoluzionari di Pirandello, Orofino ha aggiunto un altro livello in più sul piano di quel teatro nel teatro al quale il testo appartiene. C’è, qui, un teatro nel teatro nel teatro.

Ci sono “attori che recitano attori che non mettono in scena niente” e c’è un regista-attore autoritario, che ha deciso di intervenire sulla spontaneità dell’improvvisazione degli attori perché ha costruito dei quadri interpretativi con i quali tiranneggia gli interpreti costruendo dei ruoli nei quali questi non si trovano e che sentono doppiamente falsi.

La rivoluzione di Pirandello rispetto le strutture prefissate della tradizione, nella narrativa come nel romanzo, consiste nello scardinare, nel destrutturare e ricomporre i piani della rappresentazione partendo dal suo postulato primo che vede nel teatro la vera vita che si fa forma. In questo testo, il terzo della trilogia del meta-teatro, la vicenda da portare in scena è quella che egli stesso aveva raccontato nella novella Leonora addio. Il regista, Hinkfuss dichiara apertamente davanti al pubblico che il suo intento è quello di “eliminare Pirandello” e farsi totalmente responsabile di ciò che verrà messo in scena. Del resto la recita “a soggetto” nasce in Italia con la Commedia dell’arte per la precisa volontà degli attori di liberarsi dal rispetto del testo scritto e permettersi il lusso della creazione con l’improvvisazione. Ma nel momento storico in cui lo scrittore siciliano pensa questo suo testo, siamo nel 1930 , in Europa il teatro tutto sta subendo una rivoluzione -ideologica e strutturale- alla quale Pirandello fornisce un contributo enorme. Nell’Avvertenza che precede l’inizio del dramma l’autore ci dà una configurazione della struttura che la rappresentazione dovrebbe avere.

Qui sentiamo una voce fuori campo che recita questa Avvertenza che serve a sottolineare il contrasto tra attori e regista e la loro inconciliabilità. Tema pirandelliano per antonomasia: la difficoltà dell’attore di calarsi in un ruolo e di restare indipendente e autentico rispetto a quel personaggio (lo troviamo nei Sei personaggi, in Ciascuno a suo modo, in Trovarsi e perfino nei Giganti della montagna).

Orofino regista, con la sua grande esperienza di teatro, e del teatro di Pirandello in particolare, si interroga molto e interroga i “suoi” attori e il suo pubblico turbandolo e interrompendo quel naturale patto di credibilità che sussiste sempre fra chi guarda uno spettacolo e chi lo crea.

Sarebbe davvero difficile cercare di riassumere il vero plot di questa pièce, articolata su molti livelli narrativi intrecciati fra loro che si correda dell’uso di vari linguaggi artistici; si trovano, mescolati sapientemente, la commedia e la pantomima, l’improvvisazione e il dramma, la filosofia e l’opera lirica. Già a sua volta nella novella Leonora addio l’omaggio al melodramma, nella fattispecie al Trovatore di Verdi, è parte centrale della vicenda -la Leonora del titolo è proprio l’eroina femminile dell’opera romantica- e costituisce la cornice dolorosa che lega fra loro le donne della famiglia, soprattutto Mommina, la vittima sacrificale.

Tutto quello che può regalare a un regista lo spunto per creare a sua volta un altro “soggetto” è già predisposto, offerto su un piatto d’argento allo stimolo creativo di chi ama e sa giocare con i linguaggi della rappresentazione. E Orofino e la sua straordinaria squadra, stavolta numerosa e magicamente articolata, ha colto l’occasione per giocare con Pirandello, sfidarlo e sfidare se stesso in un’operazione surreale, grottesca, lirica, divertente e tragica al tempo stesso; ha fatto recitare gli attori con movimenti meccanici e caricati per sottolineare la finzione della recitazione, li ha chiamati coi loro autentici nomi (Arezzo, Doria, Gallo, Fiorino….), li ha fatti ballare, ha creato coreografie dal forte valore simbolico (molto bella la rappresentazione della Sicilia con il colore rosso e con gli oggetti che la caratterizzano nell’immaginario comune). Insomma ha moltiplicato il “gioco” e le dimensioni della narrazione per arrivare a un finale intenso, potente, vera prova d’attore incisiva e vera (sì, vera) con il duetto fra Egle Doria (Mommina) e Giovanni Arezzo ( Rico Verri).

Valore aggiunto e tocco di contemporaneità assoluto l’aspetto musicale curato dalle rielaborazioni personali ed eseguite dal vivo di Giorgia Faraone che ha riscritto le arie celeberrime del Trovatore, ha suonato e cantato con eleganza e forte presenza scenica.

Diciannove attori si muovono sulla scena e svicolano da un piano all’altro. Sono tutti affiatati (il grosso della compagnia è “la famiglia” artistica di Orofino) ma ognuno è se stesso con la propria autonomia e personalità. Fra tutti il gigante è senza dubbio Miko Magistro nel ruolo del regista Hinkfuss, mattatore riconosciuto che porta qui, anche lui, tutti i suoi interrogativi su quell’arte della quale si è alimentato per tutta la vita. Una rosa di interpreti attorno a lui ha offerto al pubblico una gara di bravura e di duttilità nel passaggio frequente ai tre livelli di attore-personaggio-attore.

Barbara Gallo, Egle Doria Giovanni Arezzo, Luca Fiorino hanno mosso le pedine con arte e mestiere, ma anche con passione e coinvolgimento. Un coro nutrito e articolato ha arricchito e colorito la scena: Lucia Portale, Anita Indigeno, Eleonora Sicurella, Vincenzo Ricca, Daniele Bruno (vera maschera, esilarante e spontaneo), Alberto Abadessa, Alessandro Chiaramonte. E poi una serie di attori nel ruolo di attori, coi loro nomi autentici, contribuiscono a smontare i piani, a creare scompiglio, con la freschezza della gioventù, alla ribellione contro la dittatura del regista: Carmelo Incardona, Amedeo Amoroso, Grazia Cassetti, Chiara Di Gregorio, Iris Concetta Lombardo.

Gli elementi scenici (opera di Vincenzo La Mendola) sono un chiaro richiamo al mondo del teatro, una platea che si rispecchia nella platea vera (ma non siamo più in grado di capire cosa sia vero…), qualche oggetto simbolico e l’illusione è pronta.

Si esce turbati da questo spettacolo, ma di quel turbamento sano e fruttuoso, quello che crea la catarsi e lascia pieni di dubbi ed emozioni. Una sola certezza: il teatro è il luogo dello spirito e del dubbio.

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