La contemporaneità del Mito. Ovidio riletto da Nino Romeo: “Metamorfosi”

Nel bimillennario della morte di Ovidio, Nino Romeo omaggia il grande poeta augusteo con una rarefatta e potente ad un tempo «Metamorfosi». A rendere lo spettacolo ancora più suggestivo la superba selvatichezza dei Bastioni degli Infetti di Catania, luogo fuori dal tempo in un tempo in cui la città etnea non offre certo il meglio di sé e nella quale l’attività del Comitato Antico Corso offre una resistente eccezione. Il regista catanese ha scritto tre pièce teatrali, tra loro collegate in uno spettacolo organico, ispirandosi ad altrettante vicende ovidiane. Pur «assecondando la narrazione poetica» – come suggerisce lo stesso regista – queste «Metamorfosi» nella loro splendida semplicità costituiscono un ulteriore tassello del lavoro di Romeo: e se da un lato «non si trattava di esercizi di stile ma di declinazioni diverse nell’affrontare la contemporaneità del mito», lo spettacolo ci è parso l’ennesima riflessione sul linguaggio che caratterizza tutta la sua drammaturgia.

Uno rappresentazione dunque senza orpelli che ci ha restituito la voce stessa del mito; un approccio essenziale in cui si sono intersecati il pathos di Eco e Narciso, «stremato d’amore» affidato alla esuberante (forse troppo) resa di Pietro Cocuzza; il cuntu quasi pop con le incursioni ironiche del dialetto e del greco antico di Salmace ed Ermafrodito – acceso dalla versatile energia espressiva di Matilde Piana – infine l’altissima tragedia di Procne e Filomela, nella quale una raggiante Graziana Maniscalco ha cesellato una resa toccante e intensissima. Al centro dello spettacolo, dunque le voces che hanno lasciato alle due narratrici, esaltate solo da semplicissimi ma sgargianti pepli, il compito di fare rivivere una parola sostenuta anche da una coreografia e un accompagnamento musicale assai efficaci. Senza la pomposa spettacolarizzazione cui spesso assistiamo (le rassegne estive rigurgitano di operazioni del genere) il mito riletto da Romeo si presenta rivestito solo di se stesso e del suo respiro ancestrale, capace di parlare da tempo immemorabile raccontando di «forme mutate in nuovi corpi» e di farsi presente e vivo: denunciando, per esempio, dietro la storia di passione e violenza di Procne e Filomela, una struttura sociale arcaica nella quale le donne attraverso il matrimonio diventano oggetti di baratto per consolidare alleanze maschili e vittime di una violenza quasi ritualizzata. Anche per tutto questo il segno dell’operazione di Romeo consiste nell’avere colto la metamorfosi stessa come metafora dell’atto poetico e dell’esperienza teatrale ad un tempo: un «corpo a corpo» catartico e infinito.

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