A Siracusa, Lisistrata di Aristofane, per la regia di Serena Sinigaglia, con Lella Costa, traduzione di Nicola Cadoni, scene di Maria Spazzi, Costumi di Gianluca Sbicca, Musiche di Filippo Del Corno.
Calonice – Marta Pizzigallo, Mirrine – Cristina Parku, Lampitò – Simone Pietro Causa Dracete – Marco Brinzi Filurgo – Francesco Migliaccio, Strimìdoro – Stefano Orlandi, Stratillide – Pilar Perez Aspa, Nicodice – Giorgia Senesi, Rodippe – Irene Serini, Comissario – Aldo Ottobrino Cinesia – Salvatore Alfano, Donna beota – Didi Garbaccio Bogin , Donna corinzia – Beatrice Verzotti , ambasciatore spartano –Alessandro Lussiana , ambasciatore ateniese – Stefano Carenza, Pace – Giulia Quacqueri
Coro e figure minori Accademia di Arte del Dramma Antico – sezione “Giusto Monaco”
“Colei che scioglie gli eserciti”, E’ più o meno questa la traduzione del termine Lisistrata. La commedia di Aristofane, messa in scena nel 411 a.C., nacque dalla situazione politica estremamente precaria della città di Atene che l’anno prima aveva subito la disfatta della spedizione in Sicilia. L’elezione di dieci commissari straordinari, le pressioni mosse da Alcibiade verso i Persiani per avere sostegno e l’imminente scoppio della guerra del Peloponneso, sono il contesto che spinse il commediografo a comporre un’opera in cui, malgrado il titolo, l’azione non è condotta da un singolo ma da un gruppo di donne guidate dalla stessa e dove il mutamento della situazione si verifica già dall’inizio.
Eppure, col personaggio del titolo, Aristofane ha delineato una figura con un carattere ben individuato, arricchito di sfumature e portatrice, da sola, di un profondo messaggio politico.
La denuncia dei mali della guerra è il tema della commedia dal primo momento all’ultimo ed è formulata in termini radicali molto concreti.
L’edizione dell’Inda di quest’anno, con la regia di Serena Sinigaglia e la traduzione di Nicola Cadoni, ha avuto il merito di essersi mantenuta sulla soglia di questo rischio e avere offerto una rilettura sobria, originale, pungente, divertendo senza alcuna intemperanza.
La trama è nota: le donne di Atene e Sparta, stanche della guerra, decidono di scioperare dal sesso, costringendo così gli uomini a negoziare la pace. Una trovata comica, certo, ma dietro il riso si cela un messaggio profondo e sempre attuale: il potere della protesta femminile, la capacità delle donne di mettere in discussione i meccanismi bellici, e il coraggio di ribellarsi per amore della vita e della pace.
Il ruolo della protagonista è stato affidato a Lella Costa che ha portato in scena tutta se stessa, la posizione di donna colta, di attrice completa, di intellettuale impegnata. La sua interpretazione è stata definita regale, ed è così che è apparsa sulla scena sin dal prologo: in abito lungo arancione, postura austera, voce risoluta nell’intenzione di convincere le donne alla rinuncia del sesso, altrettanto forte e incisiva quando riflette in termini assoluti sulla condizione della donna o sull’assurdità totale della guerra. Ha saputo coniugare la leggerezza comica, cedendo a qualche inflessione milanese, con la profondità del discorso sulla guerra e la pace. In una scenografia semplice ma emblematica, lei dipana il filo di una matassa che scende dalle strutture che rappresentano l’Acropoli e attraversa tutta l’orchestra. La matassa delle situazioni difficili, dei conflitti, degli imbrogli che le donne sanno districare.
A lei si affiancano le donne che vengono convinte, una ad una, alla rinuncia sofferta che costringerà gli uomini a cedere, ad arrendersi alla pace: Calonice (Marta Pizzigallo), Mirrine ( Cristina Parku), Lampitò (Simone Pietro Causa) , fanno da contraltare e da espediente detonatore di comicità. Divertente soprattutto il dialogo tra Mirrine e Cinesia (Salvatore Alfano) nella scena della finta seduzione.
L’elemento che ci è apparso eccessivo e sopra le righe è stata l’interpretazione del ruolo del commissario (Aldo Ottobrino). Il Commissario mette in scena il sistema patriarcale e istituzionale, rigidamente centrato sul “dovere di obbedire”, scontrandosi con la ribellione intelligente e organizzata di Lisistrata. Qui è stata accentuata la debolezza di chi è destinato a cedere creando un effetto caricaturale in una direzione a metà tra l’essere effemminato egli stesso e una misoginia che nasce dal reprimere certe tendenze (a un certo punto rimane nudo in reggiseno e guepiere) . La commistione tra autorità istituzionale e impaccio personale rende il personaggio efficace sul piano comico (il pubblico ha dimostrato di gradire questa versione) ma poco convincente.

Fra le scelte più originali di questa edizione abbiamo apprezzato l’impostazione dei semi-cori, con i personaggi Stratillide, Nicodice e Calonice, interpretati da Pilar Perez Aspa, Giorgia Senesi e Marta Pizzigallo e Dracete, Strimidoro,Filurgo (Marco Brinzi, Stefano Orlandi, Francesco Migliaccio) con una chiave a metà tra il cabaret milanese e l’avanspettacolo anni Cinquanta.
Aristofane introduce due cori separati: coro degli uomini anziani e coro delle donne anziane. Le generazioni più vecchie della società ateniese, e sono usati per vari motivi: un conflitto generazionale e di genere era ed è un tema universale, dal momento che i cori degli anziani servono a rappresentare le resistenze conservatrici al cambiamento sociale proposto dalle donne più giovani. Con un motivo comico e parodico gli anziani uomini e le anziane donne si affrontano in scena con gag fisiche, battibecchi e insulti, spesso grotteschi e caricaturali, da cui scaturisce la risata, ma resta sempre il motivo che Aristofane alterna la narrazione con gli interventi corali per riflettere, criticare o commentare l’azione.
Le interazioni tra i due cori offrono occasioni di comicità fisica e verbale, utili per alleggerire il tono e coinvolgere il pubblico; gli anziani possono rappresentare le tradizioni e l’ordine costituito, in contrasto con la spinta rivoluzionaria delle giovani donne guidate da Lisistrata per poi diventare, anche loro, parte del progetto pacifista. Sul finale l’allegoria della Pace, vestita di un velo candido trionfa in una danza leggiadra e sembra abbracciare attori e pubblico in un augurio fraterno.
Questo testo fa sempre molto riflettere sull’assurdità della guerra, oggi più che mai, terribilmente più che mai, attuale. Oggi, che ai vertici del potere in molte istituzioni nazionali e sovranazionali ci sono donne, la Storia ha dimostrato che perfino l’ipotesi di Aristofane, che abbiamo sempre citato per immaginare uno spiraglio di pace, ha fallito. Per questo, nella torrida serata di giugno a Siracusa, con gli esiti catastrofici di guerre disumane e mostruose nel nostro presente, ci è sembrato ormai tristemente vuoto di senso il sogno di pace di Aristofane.