L’ultimo spettacolo, di Elio Gimbo all’Istituto di Incremento ippico di Catania
Quelle sedici ore prima di morire
Nei giorni 2, 3 e 4 di agosto, nella cornice assolutamente suggestiva -lo si dice spesso ma stavolta davvero a proposito- e fuori dagli scemi dell’Istituto di incremento ippico di Catania, promossa dal Comune all’interno del cartellone Palcoscenico Catania, è andato in scena L’ultimo spettacolo, firmato dalla Compagnia teatrale Fabbricateatro, in collaborazione con la Bottega d’arte Cartura, nello specifico con Alfredo Guglielmino che, per la prima volta, si è trovato in scena non come maniante o funambolo, ma come voce recitante e interprete di Nino Martoglio.
“Questa performance mette insieme i diversi filoni di ricerca degli ultimi anni di Fabbricateatro; dalla ulteriore evoluzione della formula da noi denominata: “correzioni teatrali dello spazio urbano” alla collaborazione artistica con il gruppo Cartura, guidato da Alfredo Guglielmino e composto da Calogero La Bella ed Elena Cantarella, al lavoro teatrale con gli studenti universitari nell’ambito del CUT; è inoltre l’ennesimo omaggio sentimentale a Nino Martoglio, ormai vero e proprio nume tutelare di Fabbricateatro, ancor più che in passato l’omaggio è rivolto radicalmente al Martoglio-regista scavalcando del tutto il Martoglio-autore, la sua figura può essere intesa come quella dello “Stanislavskj italiano”, riformatore e innovatore delle pratiche sceniche del suo tempo.” (note di regia)

L’intuizione acuta e futuristica di Gimbo lo ha portato ha creare un “montaggio mentale”, tecnicamente orchestrato con una serie di visioni che si animano attraverso la pantomima e la danza, la semplice voce narrante e qualche passaggio recitato, che spiazzano lo spettatore e provocano un impatto di forte suggestione.
Utilizzando molto più la musica che le parole (brani dal sonoro graffiato del grammofono che vanno dal charleston allo swing come Abends in der Klein bar, anno 1939), il progetto generale recupera la grande tradizione della danza di composizione di Pina Baush che “possiamo a buon diritto annoverare come un fulgido astro appartenuto alla medesima costellazione di Stanislavskij, Mejerchol’d e Grotowski che ha illuminato, lungo tutto il corso del ‘900, il firmamento teatrale europeo” (ancora dalle note di regia)
Ma lo spettacolo confezionato da Gimbo e dalla Compagnia Fabbricateatro ha messo abilmente insieme tanti elementi. La danza grottesca all’inizio, quando la scena si apre sul cadavere del Martoglio che lentamente si anima, con la presenza in scena di uno splendido esemplare di cavalla sanfratellana guidata dalla cavallerizza Francesca Scirè del gruppo artistico “Passione cavalli”, diventa via via concettuale in uno scambio di coppie e seduzione mentre i mascheroni di Cartura dal fondo si animano ed entrano in scena. In una carrellata di ricordi, di flash, di epifanie, come in una libera associazione di idee, frammenti di vita vissuta si mescolano ai momenti della creazione, ai personaggi delle sue opere. La più nota, la più iconica del teatro comico dialettale, Cicca Stonchiti, interpretata da Sabrina Tellico, ci ricorda che Nino Martoglio è stato il primo regista nel Teatro italiano, quando ancora le compagnie avevano solo il capocomico. Con il catanese della Civita, Cicca ci ricorda le sue numerose dispute in pretura dopo i tanti litigi nei cortili. Un omaggio nell’omaggio per nobilitare anche quella parte di produzione dello scrittore sicuramente più nota al pubblico ma meno colta.
Eterogeneo anche il cast che si compone di attori noti del panorama del teatro siciliano, come la già citata Tellico o Rita Stivale (anche aiuto regista), un gruppo di studenti universitari formati presso il CUT Catania: Simone Coronella, Ludovica Ferrante, Franceso Rizzo, Chiara Sabbatini, Nicole Somers Andolina. Si è già detto della partecipazione di Alfredo Guglielmino nei panni dello scrittore, il più stralunato dei personaggi, il più interessante che sogna le sue creature e che, alla fine, si fa da loro possedere, proprio come se fosse il suo “Ultimo spettacolo”
Sulla vicenda tragica che portò Martoglio alla morte, Gimbo ha voluto rendere il senso di incertezza che da sempre si è alimentata su cosa fosse davvero accaduto. Le voci, i sospetti, le falsità raccontate si palesano con la confusione generata da un racconto caotico dove tutte le voci si mescolano, diventano rumores, confusione di parole. Nessun intento di denuncia (non era questo il luogo), ma ancora visione sinestetica di ciò che accadde dopo il ritrovamento del corpo.
Due meravigliosi inserti di grande eleganza hanno reso omaggio al luogo incantevole dello spettacolo dove lo spazio ippico, con l’odore di sabbia del galoppatoio, si è fatto scena: gli interventi di danza equestre su musica classica a cura di Francesca Scirè e la sua sinuosa cavalla. I costumi minimalisti e vagamente d’epoca hanno completato la visione generale coi colori forti che marcano la dimensione onirica e, ultimo arricchimento, alcune poesie estratte da La Sicilia salverà il mondo di Renato Pennisi, recitate dallo stesso Guglielmino.
Uno spettacolo insolito nel quale la narrazione convenzionale si scioglie in un’unica esperienza sensoriale coinvolgente.