MAKALLÈ, al Teatro del Canovaccio di Catania

Testo e regia di Auruora Miriam Scala, Con: Carmela Buffa Calleo, assistente alla regia: Maria Chiara Pellitteri, oggetti di scena: Chiara Tortura, Scene e costumiFreezer09_lab, Produzione: Bottega del Pane Teatro

“Il seme della disgrazia”

C’è un dolce tipico siciliano, un pasticcio di ricotta, chiamato anche Makallè.

Ha origini che risalgono al 1600; nella Sicilia orientale e in particolare nel ragusano,  è usata la ricotta di mucca modicana dal sapore più delicato.

Fare il Makallè è opera di artista che richiede esperienza, sapienza e tradizione.

Angela vive in un piccolo paese siciliano, (forse la stessa Modica) alla metà del Novecento, ed è una ribelle. Alla sua nascita fu considerata “il seme della disgrazia” perché la madre era morta di parto ma, soprattutto, perché era “fimmina”.

La nonna le aveva fatto da madre, cercando di educarla secondo le regole fisse di un mondo patriarcale e conservatore.

Il padre, il Sig. Scognamiglio, è conosciuto come il signor Makallè perché lui è il pasticcere depositario del segreto della ricetta del dolce di ricotta, segreto che gli era stato rivelato dal padre, che lo aveva ricevuto dal nonno che lo aveva ricevuto dal bisnonno. Un’ eredità familiare preziosissima ma maschile. Ad Angela viene vietato di conoscere quel segreto, le viene impedito, persino, di entrare nella pasticceria che è, per lei, un luogo sacro, dove si celebra il rito magico, e segreto, della preparazione del dolce.

Angela deve combattere contro questo divieto, cerca la complicità della nonna e di un lavorante del laboratorio, discute a sfinimento col padre, spia per rubare quel segreto, protesta.

Finalmente il fato le viene in aiuto. Una malattia del padre lo porta a capire che Angela è in grado di ereditare il segreto e la responsabilità della pasticceria, che Angela è all’altezza, malgrado sia “fimmina”.

Non solo è all’altezza, ma si dimostra brava e imprenditrice. Vuole ampliare l’attività di famiglia, commerciare il makallè fuori dalla Sicilia, uscire dai limiti sia geografici che sociali.

La storia di Angela, in scena al Teatro del Canovaccio,  scritta da Aurora Miriam Scala, che ne cura anche la regia, è una storia di riscatto femminile e di emancipazione di una ragazza che abbatte le barriere, i pregiudizi, le convenzioni, in nome di una passione, di una volontà e di una precisa convinzione fondata su un profondo senso di giustizia.

A dare voce e corpo ad Angela è stata Carmela Buffa Calleo, attrice siciliana che ha regalato al pubblico catanese un vero one woman show.

La Calleo ha interpretato Angela, ma anche la nonna, il padre, la suora, il lavorante,  il prete, il medico, in una carrellata di personaggi che dialogano fra loro, qualcuno caricandolo nel senso della macchietta, qualcuno rendendolo con intensità, come, appunto, nel caso di Angela, che lei rende tenera e determinata, commovente e divertente, con gli occhi sognanti e le mosse decise, il sorriso dolce e la postura fiera.

Makallè è una piccola poesia di zucchero, un  racconto metafora di tante lotte molto più grandi che le donne hanno dovuto (e devono ancora) affrontare per conquistare spazi e diritti, riconoscimenti e libertà, “centinaia di nonne, zie, madri che hanno costruito il grande mosaico del cambiamento” (note di regia) per non essere più “il seme della disgrazia”.

La regia ha costruito la scena sulla capacità istrionica della Calleo che riempie la scena, la affolla proprio ed è capace di ricreare ambienti e situazioni soltanto con la sua voce, il racconto, l’ironia, il canto.

 

 

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