Polvere. Il veleno nel dialogo tra uomo e donna

Considerato che “Polvere. Dialogo tra uomo e donna”, scritto e diretto da Saverio Laruina e da lui stesso interpretato insieme con Cecilia Foti, ha debuttato nel 2015 ed è stato subito studiato, recensito e premiato, cosa resta da dire al recensore del 2022? Pochissimo. Resta solo godersi lo spettacolo, tenendo attiva la consapevolezza dell’ineliminabile storicità e mobilità del nostro sguardo (quello di chi guarda lo spettacolo e quello di chi lo ha creato).

Goderselo per quello che è, nel dispiegarsi della vicenda, nella sua qualità teatrale e nella semplicità (certo acuta e non disarmata) con cui affronta una delle problematiche più dure e complesse della nostra società. Si tratta della violenza psicologica o/e fisica (talvolta estrema fino all’omicidio) che spesso nasce, si sviluppa o si nasconde nei rapporti di coppia, soprattutto tra uomini e donne. Perché è così importante e complesso questo tema? Anzitutto perché sono migliaia le donne vittime di questa violenza, vittime fino (troppo spesso) a morirne, ma poi anche perché questa violenza rappresenta crinale, un punto di osservazione molto interessante, dal quale è possibile intravedere la fragilità del percorso culturale, economico e simbolico attraverso il quale noi italiani (ma forse il discorso è più profondo e riguarda l’occidente capitalista) siamo giunti a percepire il nostro essere nella contemporaneità. Un crinale che nel nostro paese forse solo Pasolini ha saputo utilizzare per osservare, scandagliare e interpretare la nostra società, dalla fine della società arcaica, magica, patriarcale e contadina all’avvento della modernità e della contemporaneità. Pasolini e forse nessuno meglio lui. In questo lavoro di Laruina, come forse un po’ in tutta la sua produzione teatrale, Pasolini è implicito. Va in scena per frammenti, che via via diventano piuttosto cocci taglienti, il dispiegarsi di una storia d’amore in cui immediatamente, sin dalla primissima battuta, è in azione la fragilità della personalità narcisistica di un maschio. Un lui che, presentatosi dapprima mite e remissivo, seppure un po’ spigoloso, assume ben presto la ferocia e la violenza di un tiranno e, facendo leva sulle debolezze e le ferite di lei, punta a manipolare e distruggere radicalmente il suo oggetto amoroso. Storia, purtroppo, comunissima, mentre di quadro in quadro quell’amore si ricopre di una polvere velenosa che lo intossica e uccide. Perché accade tutto questo? Da dove nascono tali energie malefiche e distruttive? Non è questo il luogo per fare o proporre analisi di comportamenti così complessi, ma ciò che appare importante di questo spettacolo è che entrambi i protagonisti, in modo diverso e forse anche con un percorso attorale diverso, lasciano trasparire il (o un possibile) retroterra umano e sociale dei loro personaggi: un lui venuto da un sud contadino e da poco costituitosi cittadino e professionista in una cultura “evoluta” troppo velocemente per crederci davvero, starci dentro, sentirla sua, una lei di famiglia piccolo borghese, ben inserita però in un più libero e liberato contesto culturale che pure la lascia emotivamente disarmata e indifesa (anche questo è un segno potete) rispetto alla durezza arcaica della trappola narcisistica di quell’uomo/belva. La violenza psicologica è terribile, non rispetta nulla, non si cura delle ferite altrui, non si ferma davanti a nulla, sfocia naturalmente nella violenza materiale. Forse Laruina avrebbe potuto meditare di più sulle dinamiche culturali e psicologiche del suo personaggio che appare interessantissimo certo, ma forse è interpretato con qualche automatismo di troppo (specialmente all’inizio della pièce e specialmente a livello linguistico), mentre Cecilia Foti sembra molto più a suo agio nel suo personaggio. Visto a Catania, sulla scena di Zo, il 13 marzo 2022 nel contesto della rassegna “Altre scene” del circuito Latitudini.

Polvere. Dialogo tra uomo e donna” di Saverio La Ruina con Saverio La Ruina e Cecilia Foti; musiche originali Gianfranco De Franco; contributo alla drammaturgia Jo Lattari; contributo alla messinscena Dario De Luca; aiuto regia Cecilia Foti; disegno luci Dario De Luca; audio e luci Mario Giordano; realizzazione quadro Ivan Donato; organizzazione e distribuzione Settimio Pisano; produzione Scena Verticale, con il sostegno di Comune di Castrovillari. Crediti fotografici: Angelo Maggio.

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