Scuola: il caso “Telesio” di Cosenza. Inclusione sociale e responsabilità della classe dirigente
Una città in crisi
Cosenza fino a qualche decennio fa aveva oltre centomila abitanti, oggi è ridotta a poco più di settantamila. La profonda crisi demografica, in realtà, è l’altra faccia della crisi economica che coinvolge tutta la Calabria ed è un segno dei tempi: la speranza di ridurre il gap con il resto d’Italia appare a volte una chimera. A proposito della città bruzia, su “I Calabresi”, giornale d’inchiesta online, è apparso qualche settimana fa un articolo molto interessante dell’antropologo Mauro Francesco Minervino: “Come si ricostruisce l’idea di un orizzonte comune, un’immagine di città? Cosenza oggi fa fatica a ritrovare i suoi simboli dopo il tramonto della sua grandeur provinciale, che si trascina ancora nella retorica un po’ stucchevole di “Atene delle Calabrie”, difficile da rinverdire. Come rimettere in piedi una classe dirigente credibile e adeguata ai tempi, dopo i fasti della Prima Repubblica, scandita da personalità discusse ma di grande rilievo come Mancini e Misasi. (…) Una classe dirigente tutta passata, sino agli anni del boom, dalle severe e pensose aule neoclassiche del prestigioso liceo-ginnasio Bernardino Telesio. A sostituirla sulla scena politica cittadina di oggi, sbriciolati i partiti e le ideologie novecentesche, è il rampantismo social di un generone politico ignorante e rozzo, specie antagonista naturale di libri e sensibilità culturale, ma sempre in primo piano, fungibile e riposizionabile a piacere, che vanta gli addottoramenti dell’università della strada e carriere veloci percorse all’Asp o a Calabria Verde, per lo più formato da galoppini ed ex portaborse, tenutari di clientele spesso eredità di notabili di terza fila della vecchia politica non ancora in disarmo.” (Per leggerlo nella sua interezza: https://icalabresi.it/rubriche/cosenza-la-citta-con-un-grande-futuro-alle-spalle/).
Il “Telesio” come paradigma di Cosenza
Specchio della città è il Liceo Classico “Telesio”, che dal 1861 educa i figli della cosiddetta borghesia di Cosenza e del suo circondario. Fucina della futura classe dirigente politica e professionale locale, questa scuola ha, dunque, da centocinquanta anni grandi responsabilità educative e sociali, sempre più evidenti in una regione come la Calabria, ultima regione d’Italia per qualità di vita. I cittadini di Cosenza riescono a guardare oltre il “particulare” futuro dei loro figli per pensare, invece, comunitariamente? Credo sia necessario uno sforzo di immaginazione da parte di tutti che vada ben oltre il nascondersi dietro parole vacue come “prestigioso liceo” e “tradizione del Telesio”. Si può far finta di nulla e non vedere l’abisso su cui la città si affaccia? Il Covid ha peggiorato tutto: incuria del territorio, strade franate o malmesse, negozi chiusi a getto continuo, crisi sociale evidente. Nelle ultime settimane in città è scoppiata una grossa polemica intorno alla proposta del Dirigente, ing. Iaconianni, di annettere il “Telesio” al Convitto Nazionale di Cosenza, operazione, per alcuni, tipicamente manageriale (la famigerata scuola-azienda!), se non oscura (cosa nasconde il dirigente-manager?). Dagli interventi sui social e sulla stampa, ma anche tra diversi docenti, è emersa una pressoché sostanziale obiezione alla possibilità dell’unione delle due istituzioni scolastiche. Mi chiedo: può continuare il “Telesio” ad assolvere il compito a cui è preposto in un momento così problematico della storia nazionale e regionale, senza rivedere la struttura della sua organizzazione? Ora a me sembra che, contrariamente a quanto possa apparire, la maggior parte degli intervenuti abbia tenuto una posizione di retroguardia e non di progresso. Siccome in tanti sono caduti in questa sorta di abbaglio cultural-ideologico credo sia necessario ripercorrere per punti tutta la questione.
Preside o dirigente (manager)
C’era una volta il preside, che diventa definitivamente dirigente grazie alle leggi (1997-1998) approvate dai partiti di centro-sinistra che sostenevano il governo Prodi. Le cosiddette riforme videro la firma di due ministri, Bassanini alla funzione pubblica e Berlinguer alla pubblica istruzione. Fu il vero inizio della cosiddetta aziendalizzazione del sistema scolastico pubblico: i presidi, primi inter pares, si trasformarono poco alla volta in figure di stampo manageriale. La “riforma” permise ai dirigenti di formarsi in qualche modo una squadra di lavoro, in pratica cooptando i collaboratori. Visto il contesto turbocapitalista, appare difficile in questa fase della storia rigettare il dispositivo dell’autonomia scolastica e, provocatoriamente, potrei dire che i futuri governi dovrebbero assumersi fino in fondo le responsabilità di una riforma rimasta incompiuta, portando alle estreme conseguenze quello che hanno iniziato: ci devono essere nella scuola docenti che si occupano solo dell’insegnamento e docenti che svolgono chiari ruoli di management come in ogni azienda che si rispetti (sic!). Cosa accade a tal riguardo al “Telesio”? La stessa cosa che è avvenuta nelle “migliori” scuole d’Italia. Il dirigente Iaconianni ha fatto quello che il sistema politico-economico chiede. Ha rilanciato l’azione di tutto il liceo attraverso un fortissimo impegno didattico-organizzativo (innovazioni di ogni tipo ben propagandate) e una offerta formativa variegata in modo da preparare gli studenti (passati da 700 a 1100 in pochi anni) per l’università e il mercato globale.
Il Convitto
Può apparire strano a tanti, ma i Convitti Nazionali e gli Educandati (le corrispondenti istituzioni femminili), istituzioni molto complesse, nati con l’Unità d’Italia per laicizzare l’educazione, rappresentarono per decenni la possibilità di una certa mobilità sociale. Vi si formarono giovani, non sempre benestanti, provenienti dalla provincia più profonda. Oggi i Convitti sono ancora una realtà viva e brillante, in particolare in quelle regioni dove i politici hanno colto il valore aggiunto che un tale tipo di istituzione scolastica può fornire al territorio grazie a un modello educativo che guida gli studenti dalle elementari fino ai licei, grazie al quale ogni ordine di scuola mantiene la propria indipendenza. Una delle prime alternative al tradizionale corso liceale fu, più di vent’anni fa, il Liceo Classico Europeo, attivabile solo all’interno dei Convitti. Istituito anche a Cosenza presentava, però, un’anomalia rispetto al resto d’Italia: la direzione della didattica fu assegnata al Liceo Classico “Telesio”, mentre quella gestionale (pernottamento, pranzo, cena e studio pomeridiano degli studenti) restò di competenza del Convitto Nazionale di Cosenza. Con il trascorrere degli anni il numero dei convittori iniziò a diminuire a causa del degrado dell’edificio e delle rette (obbligatorie) non più finanziate. Le famiglie “proletarie”, di conseguenza, non poterono più iscrivere al Convitto i loro figli, mentre, le famiglie “borghesi” già da tempo non lo facevano per la cattiva nomea che si era procurato. I soli studenti e convittori del LCE non bastavano a sostenere l’autonomia del Convitto la cui reggenza venne, poi, assegnata per anni a “casaccio” a dirigenti di altre scuole. Finalmente “ricordandosi” della contiguità fisica delle due istituzioni e della condivisione del liceo europeo, le autorità scolastiche, due anni fa ne diedero la guida al dirigente Iaconianni.
Il Liceo
Per salvare il LCE e rilanciare in generale tutto il “Telesio” la sua idea fu di “unire” il Convitto, da ammodernare, con il Liceo. Per arrivarci, come dirigente-reggente delle due istituzioni scolastiche, egli ha inizialmente spinto la Provincia a costruire una mensa nei locali del liceo, poi ha convinto le famiglie ad iscrivere i loro figli alle scuole elementare e media grazie a corsi di inglese Cambridge e al trasporto con specifici bus, oltre che creare spazi educativi ad hoc. In breve, centinaia sono divenuti gli studenti-convittori disposti a pagare una retta di 1600 euro, grazie anche alla fama del “Telesio” di Iaconianni. L’altro lato del successo fu, però, il malumore crescente in città per un’operazione non capita da molti o problematica per tanti altri. La scintilla che ha dato innesco alle polveri è stato il trasloco di una decina di classi di liceali nella sede succursale preparata dalla Provincia per poter far posto agli alunni-convittori di elementari e medie. La protesta dei “telesiani” – con motivazioni che vanno dalla presunta scarsa sicurezza dell’edificio allo “smembramento del corpo sociale studentesco” – non ci esime dall’individuare le diverse responsabilità, non tutte da imputare al Reggente-Dirigente. “Attaccare” Iaconianni e additarlo ora come un mostro, come fanno anche alcuni settori sindacali, significa aver capito poco del contesto globale e locale in cui viviamo. Lo dimostra implicitamente il comunicato degli studenti telesiani “occupanti” (Il quotidiano del sud del 6 febbraio 2022) che, nonostante tutto, lanciano elogi al loro dirigente. Se da una parte l’ing. Iaconianni ha sottovalutato le implicazioni psicologiche e sociali che un tale cambiamento avrebbe comportato, sottostimando i tempi del recupero strutturale del Convitto, ben più gravi sono le colpe della politica che ha abdicato al ruolo che le compete: governare, anticipando la soluzione dei problemi. La Regione ha fatto come Ponzio Pilato, la Provincia è intervenuta tardivamente sul Convitto, mentre il Comune di Cosenza, dall’altra, non ha più istituito i bandi per sostenere la retta. Io credo che la Visione che sostiene l’ “unione” tra Liceo e Convitto sia pienamente condivisibile per le possibilità che si aprirebbero sia sul piano dell’inclusione sociale che su quello di una didattica di tipo collegiale che si serva della forza della tradizione per guardare con occhi (e studenti) nuovi al futuro.
P.S. Saad è stato mio studente per tre anni. E’ un giovane italiano di origine marocchina, che ha potuto studiare al Liceo “Telesio” (LCE) perché è stato ospite del Convitto Nazionale. Oggi è alla “Bocconi” con una borsa di studio.
l’autore è docente di storia e filosofia al Liceo Classico “Bernardino Telesio” di Cosenza