Un atipico memoire di denuncia: «Il silenzio dei giorni» di Rosamaria Di Natale (Ianeri Edizioni)
L’esordio narrativo di Rosa Maria Di Natale, giornalista professionista catanese (un lungo e duro apprendistato nelle redazioni del «Giornale di Sicilia» e Premio Ilaria Alpi nel 2007) richiama immediatamente alla memoria le «Variazioni sul silenzio» così come titolava un capitolo de «La città e l’isola» (Donzelli) di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio. Se quel saggio era la ricostruzione di un mondo sommerso, ghettizzato e perseguitato – quello dei gay a Catania e provincia – il romanzo di Rosamaria Di Natale rovescia quel silenzio nel suo opposto e si fa narrazione, denuncia, liberazione della memoria per la memoria.
Perché è proprio da una lontana cronaca di sangue in cui si è per caso imbattuta che l’autrice «scongela» il «delitto di Giarre» del 1980, l’episodio di cronaca nera che sarà alla base del primo nucleo di militanza gay e, in seguito, della Festa nazionale dell’orgoglio omosessuale a Palermo. Un memoire atipico in forma di giallo – la voce rammemorante è quella di Peppino Giunta ormai milanese di fatto da decenni – e ambientato in una fantomatica e universale Giramonte dettagliatamente descritta: l’atmosfera accondiscendente del paese, l’omeostasi della provincia siciliana incardinata sulla virilità (e il padre del protagonista ne incarna tutte le qualità brancatiane), in cui si parla solo di calcio, in cui vige la legge della «nomina» e la percezione del tempo appare diversa da quella dell’universo: «fatto di una materia che ne cambiava ritmo e significato». A Giromonte ovviamente le donne obbediscono ad una «meccanica fissa», ad una logica subordinante per la quale devono esistere come donne e come madri «o come aspiranti tali». E a Giramonte, i giovani più intraprendenti, Peppino in testa, con una spaventosa sete di libertà, sognano gli studi a Catania, luogo di perdizione, città nera e lontana e sognano soprattutto il mare lento della sua Plaja: un protagonista che scorre sottotraccia per tutto il romanzo. Un ambiente nel quale gli omosessuali – gli «arrusi» nella forma dispregiativa del dialetto – non devono esistere o devono essere segnati a dito, esclusi da contatto con la comunità richiamati alla normalità anche attraverso la pratica ancestrale della «mavaria». Due «arrusi» come Saverio (fratello di Peppino) e Matteo, la cui vicenda è però trattata dall’autrice con una cautela, con una discrezione singolari e quasi sullo sfondo – perché quell’amore continua a esigere rispetto – e inserita all’interno di una storia parallela, in cui vicende di mafia, di omertà e di condiscendenza nei confronti dei poteri forti di Giramonte, rappresentati dal maresciallo, dal prete e dalla vox populi – e sopratutto nei confronti di una mentalità che non può essere scalfita – ne costituiscono l’asse portante. «Il silenzio dei giorni» oscillando tra salti temporali – la Milano di oggi e la Sicilia di ieri – tra ricordi brucianti e rivelazioni tanto inaspettate quanto clamorose, lascia alla fine nel protagonista e nello stesso lettore il sapore un po’ pirandelliano di una vittoria amara, di una ferita aperta e insanabile.
Rosa Maria Di Natale, Il silenzio dei giorni, Ianeri Edizioni, 2021, euro14,00.