Viaggio nella memoria al ritmo di Bach: “Sarti volanti” di Annarosa Macrì

«Io mi chiamo Amélie Rodari, sono nata il 21 dicembre 1967, ho compiuto cinquantanni da poco più di un mese, stamattina sono stata tre ore in cucina, ho pulito e ho sporcato, ho messo in disordine e ho rimesso a posto, ho cucinato e ho mangiato, credo. Che cosa, non me lo ricordo più. Sono malata, malata di vecchiaia, e la vecchiaia, davvero, è un massacro». Inizia cosi l’ultimo romanzo di Annarosa Macrì, giornalista e scrittrice. Inizia, con una narrazione in prima persona, la storia di Amélie. Un racconto ed un viaggio. Un viaggio nella memoria, dove il passato ed il presente si intrecciano, tessendo trame ed esplorando temi da sempre oggetto di riflessioni individuali e collettive: l’amore, il dolore, la perdita di sè stesso e degli altri. E dove la trama è sottesa ed accompagnata dall’ordito musicale. Non per caso il romanzo è strutturato in Variazioni. Trenta proprio come le Goldberg di Bach. La storia si inscrive in un ambito che ha quattro città per riferimenti spaziali – Reggio, Roma, Parigi, Cosenza – e diverse vite che intrecciano i rispettivi percorsi. E’ il caso a determinarli. O, se preferite, il Fato. E’ tra queste città che si muovono le storie dei protagonisti di questo affresco. Forse di questo arazzo. Un arazzo che descrive e determina immagini con orditure di luoghi e trame di vite: non a caso Annarosa cita a più riprese una vecchia composizione di Carole King, «Tapestry». Amélie, la protagonista, è una donna di cinquantanni, si sente vecchia. E stanca. Stanca di una vita che per lei è stata disseminata di ostacoli e, molto spesso, di inganni. Comincia allora – su suggerimento della amica Armina, Psicoterapeuta dell’età senile – ad annotare su un quaderno, sì un quadernino «con le righe di quinta elementare», gli eventi della sua attualità quotidiana e quelli della memoria anche molto remota. Si sviluppa, cosi, un racconto senza un filo temporale preciso. Flashback ripetuti in una sorta di auto-analisi retrospettiva che ci riportano dall’infanzia ed adolescenza trascorse a Reggio Calabria, al trasferimento a Roma per frequentare l’Università, al ritorno a Reggio, alla definitiva decisione di stabilirsi a Roma, dove, a dispetto della formazione universitaria, aprirà una sartoria per aggiustamenti rapidi: «Il Bottone e l’Asola»: una bottega di Sarti Volanti. Ma come – direte – e perché? Perché Amélie è cresciuta tra ago e filo, imbastiture e modelli di carta per vestiti della Reggio bene. Il padre sarto di grande maestria, la mamma (la chiamavano la Parigina, Rosa, per l’amore a quella città dove aveva vissuto da giovane) insuperabile nell’interpretare le tendenze di moda ed abilissima nel trovare stoffe ed accessori d’abbigliamento a Roma, dal suo vecchio fornitore al Portico d’Ottavia. Del resto, Amélie si era mantenuta agli studi universitari proprio facendo la sarta. «Sarta delle parole», come ama definirsi, sarta che mette insieme frammenti di appunti da lezioni fino a tirarne fuori un bel vestito da vendere a studenti sotto esame. O scrivendo tesi di laurea su commissione. Sembra proprio che questa sua attitudine a rimettere insieme, a rammendare pezzi di stoffa, pagine di appunti, frammenti di vita sia la nota di sottofondo di tutta la sua esistenza. Nella quale si inseriscono, compaiono, a volte per scomparire nel nulla, le vite e le vicende di tutti gli altri personaggi del romanzo. Gli affetti familiari in primo luogo e, più di tutti, il rapporto mai risolto con la madre, in una sorta di riflesso in cui l’attesa e l’assenza diventano memoria comune alle vicende di entrambe. Neuroni specchio che raccontano di un amore fugace, incontrato in treno per una notte, sognato per tutta la vita e tornato solo quando è ormai troppo tardi; e di un amore distante di sole parole, scritte, solo scritte, mai sussurrate tra i capelli, quasi un’ombra che si spegne lentamente in un reparto di terapia intensiva. E poi la «presenza cheta» del padre e la sorella Aurora, Sergio, Amin, Amadou, la signorina Adele, l’amica Armina per citarne qualcuno. Tutto in un intreccio narrativo di variazioni. Perché le diverse vite sono variazioni sul tema centrale dell’amore, del dolore, della morte. E spesso sono contrappunto, quando, per un dato tempo, cantano insieme due melodie diverse e sovrapposte. Proprio come le «Variazioni Golberg», che Annarosa Macrì ha voluto scegliere per dare struttura e metrica al racconto di questo arazzo: lo stesso che Carole King cantava, in anni lontani, nella sua struggente «Tapestry».

Annarosa Macrì, «Sarti Volanti» editore Rubbettino 2023, euro 20,00

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