YERMA, allo Spazio Bis di Catania il dramma di Federico Garcia Lorca.

con Chiara Tron, Ketty Governali e Giovanni Strano
regia Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi
musiche Astor Piazzolla, canzoni originali Emanuele Toscano, coreografia Luis Delgado e Malena Veltri, elementi di scena Artefatto Allestimenti, e con le allieve di Buio in Sala Acting School

Dramma, in prosa e versi. recita così la presentazione del testo di Federico Garcia Lorca, lo scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo, barbaramente trucidato dalle Squadre Nere nel 1936,  durante la Guerra Civile Spagnola.

Il dramma, scritto e rappresentato due anni prima, con grande successo, si incentra interamente sulla protagonista, la donna tormentata dalla mancata maternità e da un matrimonio infelice in cui, Juan, il marito, non vuole darle un figlio perché troppo occupato a lavorare per guadagnare sempre di più.

Nel frattempo, la vita del paese di campagna scorre tranquilla e in questa cornice di serenità e quotidianità Lorca crea un contrappunto che aumenta il contrasto rispetto alla solitudine e alla rabbia di Yerma. In questo contrasto sono inserite le donne del paese, le lavandaie, le giovani madri felici coi bambini in braccio o in grembo, e soprattutto una vecchia donna, che si vanta di avere quattordici figli. Una sensualità soffusa riguarda tutti i personaggi che circondano Yerma, anche il pastore Victor che la desidera, ma non lei. Lei vorrebbe solo le attenzioni del marito ma un fortissimo senso dell’onore le impedisce di concepire un tradimento.

Yerma ricorre a un pellegrinaggio verso un eremo nella speranza di ottenere una grazia. Lorca costruisce questa scena non come un cerimonia religiosa quanto piuttosto come  un rito pagano che esalta la fecondità naturale, con la presenza di due figure allegoriche, il maschio e la femmina, che accompagnano una danza ancestrale e macabra con un canto che esaspera la tensione drammatica.

Sul finale si compie la tragedia perché Juan, personaggio misterioso e duplice, spia la moglie, la sorprende ed esige brutalmente di soddisfare le proprie voglie. A questo punto Yerma, in un impeto di rabbia si rifiuta e lo uccide in uno stato di trans e confessa “Io, l’ho ucciso io”.

Tutta l’atmosfera di questo testo è velata da una dimensione onirica e surreale, in cui la protagonista si rifugia e si perde, dove la realtà si confonde con un piano di comprensione e di percezione dei sentimenti esasperati al limite dell’ossessione.

Per queste ragioni confrontarsi con l’opera di Garcia Lorca è compito assai arduo ma altrettanto stimolante per la regia e per gli interpreti che devono portare davanti agli occhi degli spettatori l’introspezione della protagonista e la dimensione campestre e nello stesso tempo mitica del mondo, l’universalità dei temi, la magia letteraria del poeta andaluso.

Hanno colto questa sfida (e ne sono usciti vincitori) i registi Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi che hanno messo in scena, presso lo Spazio Bis dell’Associazione Buio in Sala, il 26, 27 e 28 gennaio, per la rassegna Classici Sguardi,  Yerma.

Il ruolo della protagonista è stato affidato a una giovane attrice, Chiara Tron, già conosciuta al pubblico per la sua partecipazione ad alcune serie di successo, che ha dato veramente prova di saper entrare nei panni di una donna tormentata, senza cedere per un attimo al rischio -legittimo- di caricare con enfasi il personaggio, ma “asciugando” fino all’essenziale movimenti e vocalità, gestualità e mimica.  Grazie alla rilettura che i registi hanno operato, la sua Yerma è una figura prosciugata da una femminilità mancata, con uno sguardo intenso ed eloquente più delle parole,  esile e dubbiosa ma forte nel desiderio di mantenere il suo onore e impetuosa nella risoluzione finale.

Accanto a lei una leonessa del teatro  e (del cinema) siciliano, Ketty Governali nei panni della Vecchia, figura assolutamente speculare a quella di Yerma, lei amante della vita, sensuale e voluttuosa, per niente attenta alle convenzioni sociali, carnale e vera.  Giovanni Strano è la figura maschile che fa da contraltare a lei, il maschio Victor che le dimostra attenzioni ma non ha abbastanza coraggio e il maschio Juan che sul finale la possiede virilmente in una scena che comunica una forte sensualità ma nessun amore.

Un coro di compaesane crea una cornice dove le lavandaie giudicano e commentano con malizia e sottintesi, le madri sfoggiano la gioia per i figli dono del Cielo, o partecipano al rito ancestrale e magico. Questo coro è costituito dalle allieve della scuola di Buio in sala, giovani attrici che stanno affilando il talento con studio, applicazione e passione e diventano sempre più brave.

Belle le scene che creano una suggestione da paesaggio mediterraneo, con alcuni elementi dal  valore simbolico, come il tronco secco al centro del palco, secco come il ventre di Yerma.

Al taglio quasi cinematografico della rappresentazione, una coloritura tra sensualità e malinconia si aggiunge grazie agli inserti musicali del tango di Astor Piazzolla e alle canzoni originali di Emanuele Toscano, ma anche alla scelta di mantenere in lingua spagnola originale molti passi in versi dal testo di Lorca.

I registi si sono dichiarati orgogliosi di aver riportato in scena questa che è stata la loro prima regia e che, adesso, hanno riproposto.  Un lungo  applauso ha dimostrato l’apprezzamento  del pubblico.

 

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