IL FILO ROSSO DEI MESSAGGERI CADUTI

QUANDO IL MITO PARLA A NOI
Alla GAM di Catania, lo spettacolo Il filo rosso dei messaggeri caduti, di e con Paolo Toti, con Chiaraluce Fiorito e Maria Rita Sgarlato. Rebetiko produzioni.
I miti classici, antichi, quelli presenti nell’immaginario di tutti noi, quelli che ci vengono ricordati quando assistiamo a una tragedia greca, quelli che si leggono (ancora, per fortuna) a scuola, quelli che la cinematografia internazionale sfrutta per i suoi colossal, sono ancora attuali? ci insegnano oggi qualcosa? ce lo domandiamo spesso.
Una risposta convincente e affermativa, così ben costruita da essere condivisibile,  l’ha costruita sotto forma di racconto Paolo Toti, autore, attore, performer catanese e ce l’ha proposta nello spettacolo visto a Catania il 5 settembre.
Toti ha creato una narrazione che collega, con un filo rosso, appunto, quattro personaggi della storia e del mito accomunati dal loro essere messaggeri inascoltati o portatori di verità che sono cadute nel vuoto, nella paura e nell’indifferenza.
Sono quattro messaggeri, Icaro,  Cassandra, Pandora, Giovanna d’Arco, riletti come ” viaggiatori di mondi, in bilico tra uno spazio-tempo arcaico e una modernità artefatta, (…) portatori di messaggi consegnati ad una umanità in pericolo, moniti per una causa di salvezza:
ICARO, personificazione di una umanità che tutto vuole raggiungere, e distaccandosi dalla dimensione spirituale e umana, finirà col perdere il senno, le proprie origini, perfino la propria vita.
CASSANDRA, vox clamantis in deserto, colei che vede profilarsi il pericolo della distopia e della guerra, derisa da una moltitudine che non vuole inclinare le proprie certezze: la umilia, la esclude e la condanna.
PANDORA, divulgatrice delle cronache dei mali di un mondo ferito dalle piaghe contemporanee, le quali sostanziano nella loro condizione di essere dei mali, ma che prendono forma diversa da epoca a epoca.
GIOVANNA D’ARCO, eroina, mossa dalla Mano Celeste, che riesce a compiere con la sua fede azioni prodigiose e che si rivolge arditamente ad un mondo che adesso non crede più a nulla: sarà l’ultimo messaggio che l’umanità dovrà cogliere.” (note di regia)
Il racconto è affidato a una confessione in prima persona dove ogni personaggio fa rivivere al pubblico la propria vicenda ed è in questa diegesi che il linguaggio intessuto da Toti si fa ricco di riferimenti colti, filologici, e una semantica contemporanea con riferimento a realtà antropologiche, economiche e politiche contemporanee.
Molte soluzioni sceniche ed espressive interessanti sono state messe in campo. Icaro (lo stesso Toti che apre lo spettacolo con una danza suggestiva, sensuale e mistica che diventa rock) volando oltre i suoi limiti, i limiti dell’uomo, assume la sembianza di un umanoide elettronico che, al contatto con il sole, si “scioglie” quasi disconnettendosi. La gestualità, gli effetti musicali, il linguaggio ci hanno ricordato il finale di 2001, Odissea nello spazio, quando  il grande calcolatore elettronico in orbita viene disattivato dall’uomo.
Così Cassandra mette in   guardia i troiani e li avvisa di non accettare il cavallo dentro le mura della città con riferimenti testuali a bombardamenti e invasioni tipiche di guerre moderne. Infatti l’assedio di Troia viene rappresentato con l’assordante arrivo di elicotteri e caccia bombardieri.
Ma la parte testuale che più ha esaltato l’universalità del mito, in questa operazione, è stata la lunga elencazione dei mali che si spargono sull’umanità all’apertura del vaso di Pandora. Sono i mali del nostro tempo: il consumismo, la mercificazione, gli allevamenti in batteria, i centri commerciali, la moda e la massificazione, la  fast fashion, la pedofilia, le banche centrali, la plastica, la chirurgia estetica, il grande fratello….. non categorie allegoriche, ma riferimenti concreti, denunce conclamate, in una vertigine di citazioni che nella foga violenta dell’enfasi di Maria Rita Sgarlato stordisce lo spettatore attento al testo, quello che segue il filo rosso che si dipana.
Infine Giovanna D’Arco, interpretata da Chaiaraluce Fiorito, raccontando la sua vicenda storica, sembra parlare della politica internazionale del presente, con le alleanze e i tradimenti, gli interessi e gli incroci fra ragion di stato, religione ed esistenze individuali.
Ecco che Toti risponde al nostro interrogativo con un testo così sapiente, la costruzione narrativa che si avvale di valenti voci, begli effetti di luce e inserti musicali e ci dimostra che sì, il mito ci parla ancora e si fa sentire a chi abbia intelligenza per comprendere.
Un tale testo avrebbe raggiunto una carica drammatica più toccante, conoscendo le abilità sceniche di Toti e delle due attrici, se non fosse stato letto, ma questo, forse, è un piccolo pregiudizio di chi scrive.

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