“RAFFAELLO, IL FIGLIO DEL VENTO”, con Matthias Martelli e le musiche dal vivo del Maestro Matteo Castellan , produzione Teatro Stabile dell’Umbria.

Per la rassegna di Palco off, presso Zo Centro Culture Contemporanee, il primo e il due marzo, Matthias Martelli, ha portato in scena, per la seconda volta a Catania, una personale ed originale drammatizzazione della vita e della produzione artistica di Raffaello Sanzio, con lo spettacolo Raffaello il figlio del vento.

Accompagnato al pianoforte (e non solo) dal Maestro Matteo Castellan, il concittadino di Raffaello, Martelli sente il dovere morale di portare al pubblico la vicenda personale e artistica del grande pittore urbinate, cercando una forma di rappresentazione a metà tra il teatro di narrazione e la giullarata, cifra, questa, che gli appartiene profondamente.

 

Il riferimento a Mistero buffo è costante: è evidente che Martelli ha talmente interiorizzato il rapporto con Dario Fo che quella del giullare, figlio della Commedia dell’Arte è diventata la sua propria maschera, qui molto presente anche se il taglio, stavolta, è più autonomo e segue uno schema di scrittura (opera dello stesso Martelli) che è frutto di ricerca e di analisi artistica.

Il pregio maggiore di questo spettacolo è stato quello di affiancare linguaggi artistici totalmente diversi: quello del teatro, quello dell’arte figurativa, quello della musica, quello multimediale.

L’operazione appare come una rivisitazione dell’antico genere della ekphrasis, illustrazione di opere d’arte -nella letteratura italiana rappresentato dalla Galeria di Giovan Battista Marino- che risponde al principio classico dell’ ut pictura poësis, sicura conseguenza anche della frequentazione assidua che Martelli deve aver avuto col grande pittore rinascimentale, data la comune appartenenza alla città di Urbino.

Il linguaggio qui adoperato non è strettamente poetico ma rigorosamente teatrale, l’intento è quello di avvicinare l’arte della bellezza del pittore alla affabulazione di chi calca la scena con padronanza e si affida alle sonorità create da Castellan che le esegue al pianoforte, con tamburelli, xilofono e altri piccoli strumenti.

L’idea di bellezza di Raffaello si basa su dinamismo e perfezione estetica, grazia ed armonia, secondo i canoni del Rinascimento. Così la mise en scene di Martelli risponde al gusto dell’equilibrio che pure ha come fulcro la sua straordinaria abilità di istrione, ha creato un one man show; fa uso di grammelot (di chiaro effetto comico sul pubblico) e si muove recitando e tagliando lo spazio con il suo corpo proiettando una dimensione spaziale solo con la gestualità, usando magnifiche proiezioni dei quadri e degli affreschi famosissimi di Raffaello.

Si vedono su schermi mobili ed evanescenti, fatti di teli leggerissimi, le proiezioni delle opere d’arte prodotte dal pittore in tutta la sua vita e nel frattempo l’attore sulla scena ci racconta gli episodi di una biografia improntata alla creazione artistica e che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte. Ce le spiega pure le opere, ce ne racconta la genesi e le committenze, ricostruendo, così, tutto il clima del Rinascimento italiano, di quegli anni che hanno dato lustro all’Italia grazie al mecenatismo che spingeva gli artisti alle corti dei grandi Signori che si confrontavano fra loro così.

Entriamo a Perugia, a Firenze, ad Urbino, a Roma, nella Roma di Papa Giulio II che volle affidare a Raffaello gli affresci grandiosi delle stanze Vaticane. Nacquero così la Stanza della Segnatura, la Stanza di Eliodoro, La Scuola di Atene, la Liberazione di San Pietro, e di questi immensi affreschi Martelli ci fa vedere i particolari, i riferimenti, le tecniche, usando, poi, l’espediente che più affascina lo spettatore, cioè la storia del suo amore per Ghita, Margherita Luti, della quale il pittore era innamorato, che dipinse e che sposò, dopo averle dedicato il ritratto celeberrimo della Fornarina., con la firma del pittore nel nastrino al braccio e l’anello al dito. Poi lo segue fino alla morte e alla sepoltura, all’interno del Pantheon, a Roma, celebrando, sì proprio celebrando, un rito narrativo dedicato al grande maestro del Rinascimento, nato ad Urbino, in una giornata di vento e portato via dal vento, troppo presto.

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