Ai Qing, il poeta che attraversò le fiamme del XX secolo: un’antologia per la Damocle Edizioni
Ai Qing, il poeta che attraversò le fiamme del XX secolo: un’antologia per la Damocle Edizioni
«Quando, tra migliaia di anni/ […] rinverranno un osso secco/ il mio osso,/ come potranno sapere che quest’osso/ attraversò l’ardenti fiamme del ventesimo secolo?» Sono versi di Ai Qing (1910-1996) una delle figure più significative della poesia cinese del XX secolo, tra impegno sociale e rinnovamento della poesia della sua terra. Adesso Ai Qing torna finalmente sugli scaffali grazie ad una antologica edita dalla Damocle edizioni di Pierpaolo Pregnolato (decenni fa anche Interlinea aveva meritoriamente pubblicato tre plaquette) e selezionata da Ai Weiwei, figlio del poeta. Il volume ripercorre un cinquantennio di produzione di Ai Qing (il vero nome, rigettato, era Jang Haicheng che foneticamente ricordava Chiang Kai-shek leader del governo nazionalista), testimone e interprete delle profonde trasformazioni sociali e politiche della Cina anche attraverso la sua poesia: un linguaggio semplice ma capace di esprimere le tensioni di un paese in rapido mutamento all’interno di un contesto storico segnato da eventi di grande portata: la fine dell’Impero cinese, la guerra civile, l’instaurazione del regime comunista e la successiva Rivoluzione Culturale. Una formazione eclettica che parte dalla pittura e giunge alla poesia: da Hangzhou a Parigi, fino all’incontro con Emile Verhaeren, che lo inizia alla poesia e che Ai Qing tradurrà in cinese. Al suo ritorno nel ‘32 comincia il suo attivismo politico, seguito dall’arresto. Dopo il rilascio, nel ‘35, pubblica la sua prima raccolta: è il momento dell’avanguardismo poetico, di una poesia volta al realismo «dato – scrive il traduttore Picerni nella sua accuratissima introduzione – dal susseguirsi costante di azioni e interazioni, episodi, dialoghi, tutti presentati dal punto di vista del poeta». La fine di quel decennio inaugura il revisionismo maoista di cui Wang Shiwei, giornalista e scrittore del «Quotidiano della Liberazione» sarà vittima illustre. Negli anni ‘50 per avere puntato il dito contro il piattume letterario del cosiddetto «realismo socialista» Ai Qing costretto ad un durissimo esilio ventennale, fino alla riabilitazione, nel 1979. Ai Qing rimane al centro di un nodo storico che ha profondamente influenzato la sua poetica in direzione di un forte impegno politico e di una volontà di rinnovamento formale e tematico della poesia cinese, anche se nutrì sempre grande considerazione per la tradizione artistica occidentale (a Parigi aveva letto Apollinaire, Rimbaud, Wthiman, Majakovskij, Esenin, i cui echi saranno sempre presenti nelle sue composizioni) «in alternativa alle politiche aggressive e colonialiste dei suoi Stati.» La «democratizzazione» della poesia, strumento di comunicazione e di resistenza culturale in tempi di repressione e censura rimane probabilmente la sua eredità più significativa. La sua vita, segnata da periodi di persecuzione e di esilio, testimonia la coerenza tra il suo impegno civile – «ciò a cui voglio giurare fedeltà non è la mia famiglia/ ma a un sacro ideale/ che appartiene a milioni di persone» – e la sua produzione. Un uomo e un poeta nel cui «corpo scuro come corteccia di pino/ scorre vessato sangue, ostinato per la vita».
Ai Qing, «Poesie scelte» (Trad. Federico Picerni, selezione di Ai Weiwei), Damocle Edizioni 2025, pag. 263, euro 20,00