Con Orwell e oltre: “Open Mic Farm” all’Off Fringe Festival di Catania

Grugniti e belati. Mucche e suini da ogni parte, strepiti di pollaio. Abbaia pure un orizzonte di cani in lontananza. Impazza una vera e propria fattoria degli animali nello splendido scenario de «Le Stanze in Fiore» (e dove se no?), palco atipico ma fascinoso che ha accolto «Open mic farm» per il Fringe Off Festival di Catania. Un divertentissimo e acre atto d’accusa contro la finzione che domina la realtà del nostro tempo. All’allegoria di tutte le dittature del mondo e in particolare di quella sovietica cui faceva riferimento il romanzo di Orwell, lo spettacolo sostituisce una riflessione amarissima sulle logiche del potere, sul ruolo dell’informazione, storpiata a piacimento, sull’abbaglio della libertà travestita da schiavitù, sulla disillusione di una «democrazia» sempre più travestita da tirannia (dei media, dei demagoghi, del consumo) lungo una struttura frizzante, polisemica che punta direttamente a scovare i meccanismi del terrore, del rispetto e della sottomissione. In questo senso il celeberrimo testo di Orwell funzione come detonatore, l’exemplum che la regia di Gianluca Ariemma ha utilizzato trasversalmente per costruire una struttura che valesse per ogni tempo e risultasse perennemente attuale: «Ho decontestualizzato – afferma nelle sue note di regia – epurato i riferimenti storici per renderlo eterno, ho liberato il testo dai vincoli che lo tenevano ancorato ad un secolo abbondantemente finito. C’è la favola di Orwell, contaminata dal linguaggio crudo e diretto della Stand Up Comedy che mi permette di toccare in maniera più spietata alcune tematiche sociali nelle orazioni pubbliche dei maiali.» E infatti sotto l’ironia di uno spettacolo tiratissimo, che non si concede mai una pausa, la finzione di uno show-dibattito televisivo sonda la realtà del mondo e del suo squallore attraverso i due maiali, Palla di neve e Napoleone, nuova élite venuta fuori dalla ribellione contro il Sig. Jones, e capaci di illudere con la loro retorica manipolata gli altri animali proponendo un modello di fattoria ancora più coercitivo del precedente. Allora – è la domanda che aleggia – meglio animali lì dentro oppure umani la fuori? Ma perché c’è differenza? Assolutamente scorretti, lontani da ogni etica, lo stesso Auriemma, Giulia Messina e Salvo Pappalardo offrono sulla scena una performance al fulmicotone capace di accogliere Shakespeare e Mao, la musica pop e la citazione colta. Alla fine resta solo una amarissima risata come la pioggia che comincia a cadere sul giardino insufficiente però – anche questa – a lavare le sozzure del mondo.

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