Io, cioè chi? “Seconda solo ad Elisabeth Taylor” a Catania per Palco Off

Lui è uno che – a sentire sua madre – «fa troppo cinema». Lui è uno che vorrebbe essere quello che in fondo è senza saperlo. Lui che fa di tutto per «diventare la figlia di sua madre». Lui insomma è Guillame, in perenne crisi di identità sessuale. E Guilleme è il protagonista assoluto di «Seconda solo ad Elisabeth Taylor» il monologo (prodotto da Dedalus Teatro di Milano) che Palco Off ha presentato sui legni del Piccolo Teatro della Città per la sua XI stagione. Uno spettacolo pirotecnico sostenuto dalla straordinaria interpretazione di Alberto Viscardi – attore, regista e costumista – che offre un tour de force notevolissimo, calandosi con assoluta disinvoltura nei panni di una pletora di personaggi, i più diversi. Sui quali, of course, campeggia la figura della madre: una alto-borghese in odore di aristocratico blasé, vero e proprio topos da femme-fatale indifferente e cinica, ma modello esemplare per un figlio, Guilleme appunto, che vorrebbe somigliarle anche troppo a sentire il resto della famiglia – una nonna semi svampita e una zia americana perennemente alticcia – nei modi, nei gesti, nella femminilità.

Guilliame insomma è un diverso, è una pecora nera rispetto ai fratelli, uno che «fa tutto per paura di deludere tutti». La versatilità di Alberto-Guilleme riesce a saltare con aggraziata disinvoltura da un momento all’altro della sua vita, avanti e indietro nel tempo, e da un ruolo all’altro – il the con le amiche della madre è davvero l’apice di una resa sempre al massimo grado – senza un attimo di posa: ora è la Principessa Sissi da cui imparare «il soffio di ogni donna», ora l’Arciduchessa Sofia di Baviera, ora i personaggi di tutti i suoi sogni. Tutte figure di un alter-ego che ancora non riesce a sbocciare. Sono le amiche «dentro» le quali Guilleme si rifugia dalle incomprensioni della vita con una aderenza che sbalordisce la platea. E la sua piccola stanza diventa appunto un castello della Baviera (oh, Ludwig!) il mondo che l’educazione un padre semi-assente (ah, i padri che non si accorgono mai di niente) continuano a tentare di mettere sotto il tappeto: e non è certo un caso che Guilleme affronta più di ogni altra cosa la sua «paura di deludere tutti». Al di là dell’one man show vorremmo sottolineare almeno due aspetti dello spettacolo: da una parte il lato oscuro del testo (che prende spunto dalle vicende personali dell’autore francese Guilleme Gallienne cui si è ispirato Viscardi, che lo ha pure tradotto e adattato): i rapporti di potere tra madre e figlio; gli stereotipi di una mascolinità che deve essere imposta al di là di ogni naturale inclinazione; l’omofobia latente in molte situazioni della quotidianità (dall’esperienza in collegio al servizio militare); dall’altro alcuni aspetti fin troppo cabarettistici, accattivanti ma pescati da un repertorio che, con tutto il rispetto, riteniamo abbiano fatto il loro tempo e che forse annacquano nella seconda parte lo spettacolo pur senza comprometterne, per fortuna, freschezza e godibilità.

crediti fotografici: Donatella Turillo

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