Di futuri ce ne sono tanti, ma Jack Vance è solo uno: “L’odissea di Glystra” (Urania)

L’universo non ha un’unica storia, ma tante storie multiple. La fisica le chiama “storie disabitate”. Scienza e fantascienza, intrecciandosi, aprono scenari di anticipazione del futuro in cui tutto è possibile, se pensabile. La fantascienza è sperimentale, nel senso che essa sperimenta il domani probabile. Se, ad esempio, la scienza si occupa della “migliorabilità” del corpo umano – e tanti sono stati i progressi nel campo medico, impensabili solo fino a qualche decennio fa grazie a modificazioni genetiche e innesti di ogni genere, protesi, valvole, microchip – ecco allora che la scienza “fantastica” porta alle estreme conseguenze ogni ipotesi limite nei suoi mondi attrezzati come enormi laboratori, dove le mutazioni dei corpi sono da anni di casa. La migliore letteratura fantascientifica è (stata) un sogno o un incubo ad occhi aperti. Non si tratta di evadere dal disagio esistenziale bramando navi interstellari, pianeti proibiti, astronavi ed eroi, ma di capir(ci) grazie alle storie di acuti scrittori che hanno interpretato la nostra realtà scrivendo del futuro. Come dimenticare i romanzi e i racconti – solo per citarne alcuni – di scrittori del calibro di Dick, Ballard, Vonnegut, Farmer, Sturgeon, Simak, Leibner, Le Guin, Gibson? Città di ogni genere, robot, computer, organismi cibernetici, religioni stranissime, sessualità variegate, mondi concentrazionari, disparità sociali sono le tracce disseminate nei loro libri per attrarre, preoccupare, suggestionare i lettori con le alternative possibili e impossibili di un domani altrettanto complesso, che si intravede dietro l’angolo di questo tormentato presente.

Anche descrivere civiltà di altri pianeti è un ottimo e metaforico esercizio per conoscerci. Uno dei migliori scrittori in questo settore è stato un personaggio schivo e appartato, che tuttavia ha ancora un enorme seguito di appassionati lettori in ogni parte del mondo, Jack Vance (San Francisco,1916 – Oakland, 2013). Lo scrittore americano può non piacere, soprattutto per la sua scrittura barocca e sontuosa, ma chi lo ama è attratto proprio dal suo stile e dal fascino degli scenari che descrive e dei personaggi che racconta. Strane culture, strani mondi, strane usanze, strani esseri gli hanno valso la definizione di “paesaggista della fantascienza”, anche se in verità è ben altro, poiché egli trascende il genere, entrando di diritto nella cosiddetta letteratura mainstream. Un’ottima occasione per rinfrescarsi la memoria sulle qualità di Vance è riprendere in mano i suoi libri, di solito periodicamente ripubblicati dalla meritoria collana da edicola Urania, ma che è possibile trovare anche in libreria grazie a editori come Mondadori o Fanucci. Vastissima la sua produzione, ma il titolo a cui siamo più affezionati è L’odissea di Glystra o Pianeta gigante, titoli italiani dell’originale “Big planet”, che fu pubblicato la prima volta in Usa nel 1952: La faccia del Pianeta Gigante era sempre più in basso, si allargava sempre di più, e là dove lo sguardo di un terrestre si aspettava l’orizzonte, con una linea di divisione tra cielo e mare, c’era soltanto terra, e altra terra ancora.” Su un enorme e lontano pianeta viene inviato Claude Glystra con il compito di indagare sul misterioso Bajarnum de Beaujolais, che infrange regolarmente la nostra legge numero uno, l’embargo d’armi e metallo sul Pianeta Gigante per asservirlo. Mentre è in volo in compagnia di una avvenente donna, Nancy, e di altri compagni la sua astronave si schianta in piena giungla dopo un sabotaggio. Inizia così l’odissea dei sopravvissuti che devono percorrere oltre sessantamila (!) chilometri per salvarsi. Il vero protagonista del romanzo non è però Glystra ma proprio il Pianeta Gigante. Vance stupisce per la capacità di mostrarci paesaggi inconsueti ed esotici e di narrare storie avvincenti. Lo scrittore americano assume come base l’antropologia e si compiace di mostrarci come i suoi personaggi si adattino agli usi e costumi di civiltà aliene così diverse e particolari. L’avventura, l’ironia e la satira (sociale) sono la cifra dominante di questo, come anche dei romanzi successivi. Volete un altro consiglio di lettura fra i suoi molti libri? Procuratevi lo stupefacente ciclo sul pianeta Tschai e non rimarrete delusi.

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