Richard Yates, un’icona misconosciuta

Richard Yates è ancora per molti un autore misconosciuto, pur avendo ispirato generazioni intere di scrittori, in primis Raymond Carver e Richard Ford. Il suo capolavoro Revolutionary Road è stato portato al cinema (2008) dal regista Sam Mendes con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet interpreti. Per chi non conoscesse, però, lo scrittore americano potremmo consigliare Disturbo della quiete pubblica (beat, p. 248, euro 10, trad. di Mirella Miotti). Il romanzo – pubblicato negli USA nel 1975 – è infatti una sorta di autobiografia dello stesso Yates (morto nel 1992), uomo dalla vita tormentata, sempre in altalena tra follia e sobrietà, tra alcool ed eccessi, la cui opera è meritoriamente edita da qualche anno in Italia da Minimum fax sotto la spinta dell’interesse suscitato dalla ultima generazione di scrittori americani – Homes, Chabon, Wolff e altri – che hanno visto in lui un maestro nel ritrarre lo squallore delle esistenze borghesi. Scorrere le pagine del romanzo, infilarsi tra le sue parole, significa sentire nella testa un’esplosione di urticante insofferenza. Perché dovremmo allora continuare a leggere di un mediocre americano della classe media che ha un buon lavoro, una deliziosa moglie, un figlio carino e un “appartamento alto e luminoso, con vista sui grattacieli di Manhattan.”? Forse perché leggere di John Wilder è sapere di noi stessi, è specchiarsi nell’altra faccia del benessere, fatto spesso di fallimenti esistenziali e di ambizioni frustrate, è vedere nel protagonista le tracce della nostra imperfetta condizione esistenziale. Nelle stupende prime pagine Disturbo della quiete pubblica condensa tutta la narrazione successiva. Vi sono ritratti magistralmente i due personaggi principali di questa borghese commedia umana. All’inizio della storia, nel 1960, Janice ha trentaquattro anni e un figlio di dieci anni, Tommy, nato da un matrimonio considerato più una sistemazione che un amore; al contrario del marito legge tanto e predilige la vita tranquilla, ha arredato l’appartamento con il tipico gusto di una donna della middle class newyorkese. “Comodo era una delle parole preferite da Janice Wilder. Le piaceva anche la parola civile, e ragionevole e sistemazione e rapporto. Erano poche le cose che la sconvolgevano o la spaventavano; le uniche a riuscirci, al punto di farle gelare il sangue, erano le cose che non capiva.” John, trentasei anni, di bell’aspetto ma con il complesso dell’altezza, un lavoro di venditore di spazi pubblicitari sull’American Scientist, ha forti ambizioni ma incapace di realizzarle, trascorre il tempo libero dalla famiglia nei bar, per bere e per donne. Un giorno incontra casualmente la giovane Pamela, di cui si innamora e che lo trascina verso l’avventurosa esperienza di produttore cinematografico, conclusasi poi malamente a Los Angeles, dove anni dopo, nel 1970, l’ormai ex moglie Janice, ora sposata all’amico Paul, lo incontrerà nell’ospedale psichiatrico:“John, non hai nessun progetto o…voglio dire…non hai mai pensato a quello che farai una volta uscito di qui? – Lui sembrò perplesso, come se lei gli avesse posto un indovinello. ‘Uscire di qui?’ E’ la ineluttabile risposta di un uomo che, avendo sperato di modificare l’immodificabile, quasi senza rendersene conto, ha attraversato tra alcolisti anonimi e psicoanalisti un decennio di storia americana: la speranza di una nuova era, il boom economico, i viaggi spaziali, l’emancipazione dei neri; ma anche la crisi dei missili a Cuba, i primi soldati in Indocina, l’assassinio di Kennedy, le proteste studentesche, la guerra del Vietnam. Sullo sfondo di trasformazioni epocali si muovono senza consapevolezza i personaggi del romanzo, uomini e donne normali, senza alcun alone di eroismo e di romanticismo, spesso anche squallidi e banali ma certamente veri perché vero è colui che ne scrive. “Perché tornare a casa significava percorrere chilometri in metropolitana con gli sperduti e gli sconfitti che di notte popolavano la città, senza altro da fare se non ricordarsi delle notti di molto tempo prima, quando una ragazza bruttina e simpatica di nome Janice Brady gli diceva che le piacevano da morire il ponte di Brooklin e il traghetto di Staten Island.”

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