La libertà del bene. Al Teatro Stabile di Catania, “Diplomazia”, regia di Elio De Capitani e Francesco Frongia
Parigi con tutte le sue meraviglie, con l’Arc de Triomphe, il Camp de Mart, la torre Eiffel, il sacro cuore, il Louvre, Rue de rivoli, le Tuleries…tutto lo splendore di Parigi che possiamo godere ancora oggi, lì sotto lo sguardo incantato del turista, è rimasto intatto, non fu distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, né dalla terribile ritorsione contro le rappresaglie della Resistenza, come era stato stabilito dai Nazisti nel ’44, grazie a una straordinaria opera di “Diplomazia”, grazie alla grande capacità oratoria di un console svedese, ma nato e innamorato di Parigi, e alla coscienza di un generale nazista che scopre di avere, ancora, un briciolo di umanità. Questo episodio celebre della storia del “secolo breve”, è stato narrato da Cyril Gely in un testo teatrale che ha debuttato nel 2011, soggetto e sceneggiatura di un film del 2014 con la regia di Volker Schlöndorff; il testo e il film portano il titolo di Diplomazia, appunto. Siamo nell’estate del 1944, nel momento dell’agonia del nazismo, momento più terribile per il desiderio di vendetta e di ritorsione dei tedeschi, che occupano Parigi. Hitler decide di inviare nella capitale francese il generale Dietrich von Choltitz per portare a termine un preciso ordine: radere al suolo l’intera città e sterminare la popolazione (circa due milioni di persone). Per impedire questo terribile, atroce attacco, interviene il console Raoul Nordling, diplomatico svedese e profondo conoscitore della capitale. Spetta a lui il compito di difendere Parigi e far ragionare von Choltitz mettendo in campo la sola arma possibile, la sua arte retorica; infatti Nordling userà tutti gli argomenti possibili, dai riferimenti biblici agli appelli alla sua coscienza e alla sua famiglia, attraverso una lunga e intensa opera diplomatica. Questo testo pieno di riflessioni universali, è stato portato sulle scene catanesi, al Teatro Stabile, dalla produzione del Teatro dell’Elfo, con la regia di Elio De Capitani e Francesco Frongia, con: Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Michele Radice, Alessandro Frigerio, Simon Waldvogel. I due mattatori che si fronteggiano sono due grandi del teatro italiano, Elio De Capitani che incarna il generale pronto a sferrare l’ultimo attacco, e ubbidiente agli ordini del Fhurer, e Ferdinando Bruni, un ironico ed elegante console Nordling, che nasconde la sua disperazione dietro una tecnica dissuasoria e una argomentazione articolata e sentita. Una vera gara di bravura nell’incontro-scontro di due personaggi così diversi per storia, per indole, per formazione e provenienza. De Capitani interpreta il ruolo del cattivo, universalmente odioso lasciando che piano piano si sgretoli la sua maschera ed emerga la sua paura, la sua fragilità di uomo che si accorge di comandare un gruppo di soldati giovanissimi, e di farlo solo per una stretta necessità, perché, anch’egli, per una delle ultime follie di Hitler, è sottoposto ad un ricatto: la Sippenhaft, una legge emanata dal comandante del terzo reich per garantirsi la cieca obbedienza, mettendo sotto minaccia le famiglie dei comandanti. Ferdinando Bruni, in completo chiaro, dissonante rispetto a quello che sta accadendo, fa da contraltare alla colossale presenza del generale, lo scuote, lo tormenta con una serie di contestazioni dalla ferrea logica e cerca i punti vulnerabili per convincerlo a ritirare gli ordini, a non passare alla storia come uno dei peggiori criminali nazisti. In questo ruolo assume l’aria disincantata della disperazione, di chi sa che sta giocando la sua ultima carta, che è la carta della salvezza, di Parigi e del suo popolo. Apre la finestra, il console, ammira la struggente bellezza della città, ne conta uno per uno i monumenti e, senza il bisogno di implorare pietà, ma lasciando che l’evocazione di quella bellezza arrivi allo spettatore, esprime l’amaro rammarico al pensiero che tutto questo non ci sarà più. La vicenda assume contorni tragici negli ultimi momenti sempre più concitati. Alla fine Parigi sarà salva, la libertà della coscienza, il senso della responsabilità dell’individuo di fronte al male, trionferà nella scelta del generale. Un finale, semplice, forse scontato, ma evocativo di tante immagini che conosciamo sulla Liberazione della Francia (e dell’Italia), con una pioggia di bandierine col tricolore francese e l’inno La marsigliese, suggella il grande sollievo per le sorti della città. E’ ancora estremamente utile e attuale parlare di quegli eventi, di quella guerra, di episodi, come questo, che hanno fatto la Nostra storia, perché ogni giorno scelte come queste -sui confini, in mezzo al Mediterraneo, sul Canale della Manica, nei deserti della Libia- obbedire o essere liberi, guardare negli occhi l’essere umano che mi sta di fronte, o ciecamente eseguire ordini, sono scelte che si devono compiere. La riflessione di Ciril Gely, l’esecuzione di due grandi attori, una regia equilibrata e in perfetta sintonia col parallelismo dei due protagonisti, ci hanno colpito favorevolmente.
«Diplomazia» con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Michele Radice, Alessandro Frigerio, Simon Waldvogel.