Giacomo Puccini impiegò quattro anni per musicare La Tosca dopo aver completato Boheme; opera questa che risultò molto differente dalla precedente.
Il libretto, di Illica e Giacosa, era basato su un recente dramma del francese Victorien Sardou. Ambientato a Roma durante le guerre napoleoniche, esattamente nel 1800, era un racconto di passione, ricatto e omicidio. Il barone Scarpia –uno dei grandi cattivi della storia dell’opera- è il dispotico capo degli sbirri del regime tirannico papalino, e usa la sua posizione per esercitare due grandi passioni: sadismo e lussuria. Sulla sua strada si incontrano la bellissima Floria Tosca, cantante seducente, e il cavaliere Mario Cavaradossi, pittore e rivoluzionario liberale che aveva aiutato nella fuga dalle prigioni pontificie di Castel S.Angelo, il ribelle Angelotti.
Nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove è ambientato il primo atto, il barone fa scattare la trappola con la quale riuscirà a fare cadere entrambi e l’esca sarà la gelosia di Tosca.
La vicenda è molto conosciuta, per la prima volta Puccini si cimentò qui con un dramma storico e diede prova di saper affiancare alla dolcezza della sua melodia anche tinte forti e sonorità impetuose.
A Siracusa, nello splendido teatro Greco, il Music Opera Festival in collaborazione con la prestigiosa Seoul Concert Management, sotto la sapiente direzione artistica del Maestro Carmen Failla, nei giorni 26, 27 e 28 agosto, è stata messa in scena una ricercatissima versione della Tosca, sotto la direzione del Maestro Alberto Veronesi, che ha diretto la Catania Philarmonic Orchestra con il primo violino Angelo Cipria. Ricordiamo che Veronesi dal 1998 è Direttore Artistico e Musicale della Fondazione Festival Puccini di Torre del Lago, di cui è Presidente dal 2015, possiamo definirlo uno dei maggiori conoscitori delle partiture pucciniane. La regia è stata affidata al Maestro Alfredo Corno, la scenografia realizzata da “La Bottega Fantastica” di Daniele Barbera (una meravigliosa realtà catanese) su bozzetti della scenografa Cristina Russo, che cura anche le luci ed i costumi appositamente disegnati per le prime parti e realizzati dallo staff di sarte del Mof guidate dal capo sarta Cettina D’Angelo.
I protagonisti, Maria Tomassi (Tosca), Vitaliy Kovalchuk (Cavaradossi), Emilio Marcucci (Scarpia).
Nella presentazione alla stampa di questa messa in scena si è puntato molto sulla scenografia, realizzata appositamente ed, effettivamente, grandiosa. Grandiosa soprattutto nel terzo atto con la riproduzione dell’angelo di Castel Sant’Angelo della grandezza di sei metri, che viene montato da maestranze funamboliche a scena aperta (ovviamente) e che sorprende realmente. Peccato però che sia stata sacrificata in uno spazio poco profondo che ha limitato il movimento degli artisti, mancando totalmente di prospettiva. La riproduzione di Sant’Andrea della Valle, nel primo atto (in realtà più fedele ad una chiesa barocca catanese, forse omaggio alla città) è appiattita su gradoni che trasformano tutto in un bassorilievo, anche il grandioso Te Deum del finale, il momento più significativo, musicalmente ed emotivamente, dell’opera.
L’ossessiva ripetizione armonica, con le campane, suonano due note gravi, si bemolle e fa, che si alternano per diversi minuti, i colpi di cannone fuori scena, il salmodiare in latino si fonde e dà corpo al soliloquio di Scarpia, un fondale sonoro su un crescendo drammatico che è accentuato dal contrasto fra sacralità e voluttà.
La regia, attentissima ed evidentemente competente del dettato pucciniano che non lascia niente di approssimativo, ha guidato tutti i movimenti scenici con rispetto verso la tradizione e verso un’opera perfetta. Ha regalato al pubblico un vero omaggio all’Opera e al musicista toscano, con qualche idea apprezzabile, come il pastorello che canta il suo “Dio dei sospiri” in apertura dell’ultimo atto,appogiato a uno dei gradoni della cavea, o la scena della fucilazione che ricorda il celebre quadro di Goya. Da manuale la scena immediatamente successiva all’uccisione di Scarpia, dove Tosca compie un piccolo rituale con due candelabri e il crocifisso che Puccini ha dettato musicalmente inserendo tre do diesis gravi che segnano e danno solennità ai movimenti.
Il soprano Maria Tomassi, voce matura e appassionata nelle note, toccante il suo “Vissi d’arte”, ci è apparsa meno convinta e meno appassionata nei movimenti (goffa proprio la scena della morte).
apparsa meno convinta e meno appassionata nei movimenti (goffa proprio la scena della morte).
Tecnicamente adeguata la voce del tenore, Vitaliy Kovalchuk, ma, appunto, ancora molto tecnica, poco slegata dalla guida del Maestro Veronesi.
Il baritono, Emilio Marcucci, che veste il ruolo di Scarpia ha il timbro scuro, corretto ma non del tutto nel ruolo, molto potente nel Te Deum nella vocalità ma statico, non coinvolgente. Ci è piaciuto Riccardo Palazzo nel ruolo di Spoletta, personaggio non protagonista ma importante della dinamica della vicenda.
Straordinaria, su tutto, l’orchestra con i suoi 72 elementi posizionati in prima fila davanti al pubblico, in assenza di golfo mistico, che sotto la guida del Maestro Veronesi hanno reso questa edizione di Tosca un momento di sublime bellezza. Veronesi sale sul podio, solleva la bacchetta e fa volare insieme tutti i musicisti, con grazia ed eleganza, con coinvolgente passione, laddove Puccini lo richiede. Nel dramma della passione e della gelosia.
Operazione questa che è stata presentata come un “presidio di speranza” decisamente meritevole, che ci auguriamo si ripeta e che permetta di riprendere la bella tradizione di anni passati di portare l’opera lirica nei teatri antichi.
Cast completo:
- Floria Tosca: Maria Tomassi/Heejin Oh
- Mario Cavaradossi: Vitaliy Kovalchuk /Andrea Hyeongseok Lee Il
- Barone Scarpia: Emilio Marcucci/Byeongjoo Cho
- Cesare Angelotti: Carlo Malinverno Il Sagrestano: Paolo Gatti
- Spoletta: Riccardo Palazzo
- Sciarrone/Carceriere: Pietro Di Paola
- Il pastorello: Noemi Mancarella