L’Antico carnevale della contea di Modica: la grande festa teatrale con la regia di Margherita Peluso
Non è sbagliato definire “interessante” lo spettacolo che ha debuttato domenica scorsa, 6 marzo 2022, sulla scena del Teatro Comunale di Modica. Interessante cioè, pur con dei limiti evidenti, fornito di qualità d’arte e soprattutto di potenzialità che vanno colte e riferite. Si tratta de “L’antico carnevale nella contea di Modica”: una specie di grande festa teatrale che la drammaturga, attrice e regista Margherita Peluso ha costruito a partire dall’omonimo testo (del 1877) del grande etno-antropologo modicano Serafino Amabile Guastella (1819 – 1889, nato e morto precisamente a Chiaramonte Gulfi). E già questa non è una scelta di poco rilievo da parte della Peluso: al di là del fatto di aver costruito lo spettacolo nella dimensione dell’evento “site specific”, che oggettivamente è limitante e spesso (inevitabilmente) sfocia nell’amatoriale, l’averlo concepito a partire da un saggio di antropologia militante è davvero una scelta audace e coraggiosa. Una scelta che la regista affronta con un gesto iniziale immediato, deciso, seppure scientificamente discutibile, ovvero associare totalmente le celebrazioni carnascialesche alla permanenza nelle culture contadine mediterranee del culto dionisiaco e dei suoi residui più o meno sincretici. Una scelta discutibile, perché in effetti il carnevale, in quanto ingloba le celebrazioni dei saturnalia latini e dei diversi culti agrari legati alla fine dell’inverno e al risvegliarsi della natura, è qualcosa di diverso dal puro e semplice dionisismo (almeno per quello che noi riusciamo a intravedere dalla lettura delle fonti antiche) e d’altro canto se c’è una disciplina che fa dell’analisi attenta della complessità irriducibile della cultura umana (nel caso specifico delle genti mediterranee) la sua cifra precipua, questa è proprio l’antropologia. Ma tant’è: la scelta registica rende chiaro e assoluto qualcosa che è parziale, ma in questo modo può dare abbrivio e vita alla gioiosa mimesi teatrale. Le coordinate del dionisismo ovvero la gioia per il rinascere della natura, l’ebbrezza del vino, il liberatorio (e festivo) venire alla luce del desiderio sessuale e degli altri aspetti del “basso corporale” (come avrebbe detto Bachtin), si rivelano ben assimilate dalla regista e sono associate all’antichissima e nobile cultura contadina della zona del modicano e, con ben maggiore audacia, alla tradizione teatrale della commedia dell’arte. L’effetto è positivo, coinvolgente, colorato e giustamente straniante. Il mito dionisiaco sembra farsi largo in scena, assertivo, persino sfrontato nell’allegria chiassosa degli sketch e dell’intero e numeroso ensemble (nel quale si fanno notare per solidità attorale Giovanni Peligra, Bacco, Cristina Gennaro, la Vecchia di Li Fusa, e Marzia Ciulla che incarna ben otto ruoli), associando costumi, maschere, parole, canti e suoni presi dall’antico Carnevale siciliano e in particolare da quello modicano studiato e descritto da Guastella, e lo fa senza chiedere permesso a nessuno, senza farsi problemi di correttezza scientifica, ma solo con la forza del suo essere “ancora” nel mondo, del suo poter essere ancora “vivo” nel mondo e nella struttura narrativa della cultura umana. Che cosa significa? O meglio che cosa può significare? In che cosa può essere ancora vivo il mito antico e in particolare il mito dionisiaco: la risposta che sembra suggerire lo spettacolo è intrigante e dice agli spettatori (ci dice) che la liberazione dionisiaca può darsi oggi solo nella ri-affermazione di un’autenticità profonda che si situa nel corpo, dal corpo parte e nel corpo ritorna. Un’autenticità anzitutto corporea, liberata e liberante, che rifiuta ogni negazione della limitatezza dell’essere dell’uomo. Un’autenticità umana che non teme e non nasconde la temporalità, la malattia e la fragilità, la morte, l’alterità e la relazionalità. Un’autenticità che si ripresenta nel nostro mondo raccontandosi tramite Dioniso e ricercando antiche e nuove forme di festività carnascialesca (e teatrale) che sarebbe utile che la società sapesse cogliere. Da questo punto di vista vedere il Teatro comunale di Modica sold-out e partecipe della allegria contagiosa di questo spettacolo è stata veramente un’esperienza positiva e interessante.
L’antico carnevale della contea di Modica.
Tratto da Serafino Amabile Guastella. Drammaturgia e Regia di Margherita Peluso. Supporto Drammaturgico e Linguistico di Vincenzo Giannì. Consulenza Artistica di Giovanni Fusetti. Scrittura Scenica Cre-Attori: Giovanni Peligra, Cristina Gennaro, Marzia Ciulla, Simona Adele Buscemi, Alessandro Adamo, Giancarlo Iacono, Flavio Aliotta, Pamela Vindigni. Maschere Matt’Officina. Acrobati (Motyka Ginnastica Artistica) Chiara Iacono, Giulia Cappello, Soraida Gennuso Vittoria Russo. Spadaccini (Scherma Modica) Giulia Floridia e Giancarl Trapani, Linda Romano. Musiche: Marco Pluchino, Marcello Difranco, Massimo Arena, Nadia Marino. Coreografia di Veronica Racito Maschere e Scenografie di Pamela Vindigni e Marco Terroni Grifola (Artisti Associati Matt’Officina). Costumi di Vincenzo Occhipinti. Prodotto dalla Fondazione teatrale Garibaldi con la collaborazione del Comune di Modica. Crediti fotografici di Francesco Bocchieri e Salvatore Quartarone.