TROVARSI… QUANDO SI È QUALCUNO al Teatro del Canovaccio di Catania

un testo di Luigi Pirandello

con: Saro Pizzuto, Stefania Micale,  e Gianmarco Arcadipane, Fiorenza Barbagallo,  Salvo Musumeci, Agata Raineri, Carmela Silvia Sanfilippo e Giovanni Zuccarello

adattamento e regia: Marco Longo, assistente alla regia: Rita Stivale, Musiche originali di Alessandro Cavalieri, progetto grafico: Clarissa Raimondo, foto di scena e video: Ninni Porto

produzione: Teatro del Canovaccio

Ph: Agatino Dipolito

Al Teatro del Canovaccio, per la rassegna Reazioni, un Pirandello elevato a potenza. Trovarsi…quando si è qualcuno è una pièce che nasce da due testi che dialogano tra loro in una perfetta autonomia di significato e di messaggio da comunicare al pubblico.

Trovarsi è il dramma dell’attrice; un dramma che Pirandello scrisse nel 1932 ispirandosi alla sua esperienza di capocomico e alla figura femminile tormentata e sofferta che era Marta Abba, interprete eccelsa del suo teatro. L’attrice di Trovarsi, Donata Genzi, è la donna vera alla ricerca di se stessa, figura moderna che rifiuta il ruolo umiliante di puro oggetto dei desideri dell’uomo e vuole essere amata per se stessa. Attraverso di lei l’autore vuole scardinare lo stereotipo dell’attrice che per poter interpretare l’amore sulla scena deve necessariamente averne fatto esperienza nella vita. Il rapporto con la Abba che, pur giovanissima, era entrata in diversi personaggi guidata soltanto dalla sua fantasia, ispirò sicuramente l’autore.

Come nei Sei personaggi in cerca d’autore, come nei drammi che rientrano nel meta-teatro, Pirandello in un passaggio emblematico, fa pronunciare a Donata la profonda riflessione su cosa sia il teatro: “Perché finzione? No. E’ tutta vita in noi. Vita che si rivela a noi stessa. Vita che ha trovato la sua espressione. Non si finge più(…) Evadere! Trasfigurarsi! diventare altri!

Ma nel dramma è anche forte il messaggio per ognuno di noi; non basta nascere con un nome questo nome deve diventare nostro, creato un’altra volta da noi stessi, con le nostre opere con il nostro spirito. Trovarsi è ciò che conta nella vita.

Quando si è qualcuno, scritto nel 1933, è, invece, il dramma dell’autore, un celebre scrittore divenuto personaggio per la fama acquisita e per le aspettative che si alimentano su di lui, mentre in se stesso sente urgere un’altra vita, nuovi stimoli, un amore svincolato da ruoli fissi. Dietro questo testo c’è tutta la vicenda di Luigi Pirandello, prigioniero della cultura ufficiale, prima della frattura col regime fascista, drammaturgo di fama mondiale. Il personaggio celebre che, pur di ritagliarsi uno spazio di autenticità, inventa un alter ego giovane, intellettuale di successo, alla moda, molto amato dalle masse e che, poi, a un certo punto, dovrà eliminare.

Anche Quando si è qualcuno riguarda tutti noi, non soltanto l’autore in quanto scrittore, ma l’uomo che si ritrova schiavo della sua apparenza, legato alle catene familiari, impossibilitato a ricambiare l’amore.

Due vicende parallele che sviluppano la stessa tesi, quella pirandelliana per antonomasia: il contrasto, che diventa conflitto, tra essere e apparire, realtà e finzione, vita e forma.

Questo perfetto parallelismo ha voluto cogliere il regista Marco Longo, portando avanti un’operazione singolare e di estremo interesse. Longo ha decostruito e ricostruito i due testi, li ha fatti dialogare, ha mescolato i personaggi realizzando un nuovo plot ma facendo parlare sempre e soltanto lo stesso Pirandello. Lo Scrittore -nel testo non individuato con un nome ma con tre asterischi- con il suo bagaglio di storia personale e di legami affettivi, cerca un contatto con l’attrice, Donata Genzi, perché gli racconti la sua storia, perché lo aiuti a comporre la vicenda, che la riguarda,  che sta raccontando e farlo arrivare al finale.

Ispirato dalla composizione dei Sei personaggi, Longo ha avuto l’intuizione di creare la sua rilettura alla luce del legame imprescindibile tra persona e personaggio e ha offerto al pubblico catanese la possibilità di riflettere sulla difficoltà di cogliere l’essenza della vita quando si è qualcuno, del trovarsi nella dinamica della nostra esistenza alienata in maschere che non ci appartengono.

Lo studio approfondito dei due testi, il lavoro di collage fra le battute di un dramma e quelle di un altro, la rielaborazione dei personaggi si è concretizzato, poi, grazie alla produzione del Teatro del Canovaccio, in particolare alla collaborazione degli artisti Saro Pizzuto, Salvo Musumeci e Stefania Micale che Longo definisce “l’origine di questa ennesima esperienza teatrale” (note di regia).

Saro Pizzuto interpreta lo scrittore in profonda crisi, portatore della tesi dell’Agrigentino -cui sembra somigliare qui incredibilmente- in un equilibrio filosofico tra il bisogno di trovare certezze e la costante ricerca che si riflette in quella di Donata, una Stefania Micale in stato di grazia, elegante, austera, che interpreta il difficile ruolo di un’ attrice che cerca la donna in se stessa e la sincerità di un amore destinato a fallire.

Salvo Musumeci riveste un triplice ruolo, il direttore di scena, Pietro, nipote e interlocutore necessario allo scrittore e il medico, lievemente caratterizzato, che cura Donata dopo l’incidente con Elj.

Carmela Silvia Sanfilippo interpreta Verroccia, l’amante dello scrittore che non può amare, che deve restare un passo indietro rispetto alla finzione della famiglia da mantenere; con una mimica e una gestualità ai limiti del grottesco, è una figura che qui diventa come speculare a Donata, un altro esempio di amore impossibile da vivere.

Elj, il fidanzato di Donata che rappresenta la convenzione, il pregiudizio comune sull’attrice che non può amare sinceramente, è Gianmarco Arcadipane, un giovane tormentato da gelosia e timore. Insieme a loro Fiorenza Barbagallo, Agata Raineri, Giovanni Zuccarello. Una numerosa compagnia di attori affiatati e complici, complementari e sufficientemente “pirandelliani” ma senza mai scadere nel pirandellismo, grazie a una regia che ha saputo asciugare le battute, le movenze, il ritmo scenico e coordinare professionalità e peculiarità diverse.

Le musiche originali di Alessandro Cavalieri, che richiamano vagamente il ritmo di un charleston, le scene e i costumi -eleganti e raffinati- hanno permesso di confezionare uno spettacolo sorprendente per l’intuizione geniale ma lineare e coerente nella soluzione della nuova narrazione, mai macchinosa.

Operazione possibile solo con Pirandello che ci ha insegnato il paradosso e ogni possibile capovolgimento e che ha incastrato testi suoi in altri drammi (si veda per esempio I Giganti della montagna), maestro dell’opera aperta, che ha rivestito la filosofia della crisi gnoseologica dell’abito magico del teatro.

Lo spettacolo sarà in scena ancora il 23, 24 e 25 febbraio.

 

 

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