Le Nozze di Figaro, di W.A.Mozart. al Bellini di Catania

Opera buffa in quattro atti su libretto di Lorenzo Da Ponte, Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

dal 25 febbraio al 5 marzo

ll Conte di Almaviva, grande di Spagna Luca Bruno, Clemente Antonio Daliotti
La Contessa di Almaviva Desirée Rancatore, Elisa Verzier
Susanna, cameriera della Contessa Cristin Arsenova, Elisa Balbo
Figaro, cameriere del Conte Gabriele Sagona, Christian Federici
Cherubino, paggio del Conte Sabrina Messina, Albane Carrère, Sonia Fortunato
Marcellina, governante Federica Giansanti
Don Bartolo, medico di Siviglia Luciano Leoni, Andrea Tabili
Don Basilio, maestro di musica Saverio Pugliese
Don Curzio, giudice Pietro Picone
Barbarina, figlia di Antonio Federica Foresta, Silvia Caliò
Antonio, giardiniere del Conte e zio di Susanna Alessandro Busi

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini

Direttore Beatrice Venezi, Maestro del coro Luigi Petrozziello

Regia Michele Mirabella, Scene e costumi Cappellini/Licheri
Luci Antonio Alario, Regista collaboratore Daniela Zedda
Direttore degli allestimenti scenici Arcangelo Mazza, Assistente ai costumi Giovanna Giorgianni

Allestimento del Teatro Massimo Bellini

L’ambizioso allestimento  delle Nozze di Figaro

 La folle journee, è la commedia di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais, del 1778 da cui Lorenzo da Ponte trarrà lo spunto per il libretto delle Nozze di Figaro che Wolfang Amadeus Mozart, nella Vienna dell’Imperatore Giuseppe II, musicherà regalando al mondo intero uno dei capolavori assoluti della storia della musica, che debutterà nel 1786.

La folle giornata, un’indicazione temporale precisa, dentro la quale si muovono personaggi e si svolgono intrecci da commedia settecentesca, erede della tradizione di Moliere, della Commedia dell’arte e rinascimentale. Era la seconda di una trilogia carica di commenti  sulla società di classe, in cui compaiono gli stessi personaggi della prima commedia: Il barbiere di Siviglia. Figaro, la sua amata Susanna, il Conte di Almaviva, la moglie Rosina, il paggio Cherubino, e altri tessono un intrigo di vicende sentimentali e di seduzione che scorrono in un parallelismo perfetto dentro un’architettura testuale e musicale tra le più complesse della storia dell’Opera.

Per questa assoluta perfezione,  mettere in cartellone Le nozze di Figaro è una scelta di grande ambizione. E il Teatro Massimo Bellini ha, correttamente, voluto offrire al suo pubblico questa scelta ambiziosa (trovando una risposta all’altezza di tale offerta dato che lo spettacolo è andato sold out immediatamente) con un allestimento importante e molto curato.

La regia, affidata a Michele Mirabella che a Catania ha già donato preziose collaborazioni (ultima da ricordare, Il barbiere di Siviglia), il Direttore d’orchestra, Beatrice Venezi, e un cast di artisti che hanno saputo dimostrare tutta la fiducia accordata.

L’impianto generale della regia è, come dichiara apertamente Mirabella, fedele all’ambientazione, così precisa e contestualizzata, sia da Beaumarchais, che da Mozart. Un castello  vicino Siviglia, con una sequenza di porte che sembrano aprirsi dentro le pagine dell’Enciclopedie di Diderot e D’Alambert. Porte simbolo, porte che nascondono e che rivelano, che serrano e diventano passaggi (quasi a voler richiamare alla memoria anche quell’altro grande erede di Moliere nella drammaturgia francese che fu Georges Feydeau). Porte come mondi sociali e individuali. I colori della scenografia, come quelli dei costumi (curati da Cappellini-Licheri) sono solari, chiari e luminosi, colorati come nelle carte decorate dagli artigiani veneziani o fiorentini, con pennellate e arabeschi da pittore di bottega. Di grande raffinatezza.

La complessità dell’opera, data dai molteplici piani musicali sovrapposti ed alternati da Mozart richiede formidabili capacità tecniche.

Il genio austriaco aveva saputo connotare musicalmente, non solo ogni personaggio, in chiave sociale e sentimentale, ma, soprattutto, i diversi passaggi e le evoluzioni del dinamismo “folle” di quest’opera che venne definita buffa, ma sarebbe più corretto chiamare comica.

L’opera si apre con una overture che è una sinfonia celestiale con la quale Mozart ci proietta in volo in quell’atmosfera gioiosa e ariosa che cela, però, malinconie e gelosie che tormentano. L’incipit è uno scontro-incontro tra Figaro, intento a misurare gli spazi della sua nuova dimora, e Susanna, alle prese col suo cappellino per le nozze.  Il primo tema musicale appartiene a Figaro, lo usa per accompagnare le sue misurazioni con una nota ripetuta. Il secondo tema appartiene a Susanna e l’andamento circolare del suo canto evoca il movimento di gioia che lei fa guardandosi e ammirandosi. A un certo punto Susanna richiama l’attenzione di Figaro e lo spinge ad interrompere le sue misurazioni e, così, lui assimila il tema circolare di lei ma con il registro basso. Alla fine i due intonano gli ultimi quattro versi insieme in un’unica armonia di note.

La musica dice molto di più dei versi di Da Ponte. Figaro, con le sue azioni semplici è accompagnato soprattutto dagli archi; l’allegria di Susanna è sottolineata dal colore aggiunto dei legni. E quando, dal dialogo comincia a nascere nel servitore factotum il tarlo della gelosia perché la giovane sposina fa capire le cattive intenzioni del Conte (anche con l’aiuto dell’onomatopea del din din don don), ecco, quel tarlo, musicalmente, suona con lo strumento del corno.

I recitativi che fanno scorrere la vicenda, accompagnati dal suono docile del clavicembalo fanno da cornice alle arie e ai duetti, musicalmente tutti unici, in un passaggio continuo dal commento ritmato dell’aria di Figaro “Non più andrai farfallone amoroso”, alla melodia dell’aria della Contessa, affranta dalla gelosia, alla marcia nuziale che segue l’agnizione di Marcellina e Figaro, a quel piccolo intarsio melanconico e pre-romantico dell’aria di Barbarina “L’ho perduta”.

Al di là di tutte le analisi socio-politiche che nei secoli si sono articolate sulle Nozze, è chiaro che un capovolgimento dei ruoli tradizionali, Da Ponte e Mozart lo sottintendono, ma attraverso il ludus amoroso che vela sempre ogni intento politico, che, del resto, la censura della corte asburgica, per quanto illuminata, non avrebbe concesso.

Tutto questo Michele Mirabella ha dimostrato di saperlo molto bene e di interpretarlo con competenza ed eleganza. Senza nessun eccesso, ma anche, bisogna dirlo, senza nessuna trovata originale. Ci è sembrata inutile e ridondante la lunga spiegazione che ha preceduto l’inizio dell’opera e, poi, la seconda parte, con le voci narranti che raccontano la vicenda e la spiegano. Il melodramma non si spiega a teatro, il pubblico non ne ha bisogno.

Se nel testo si parla di disputa fra il mondo maschile e quello femminile, qualcuno ha sostenuto una aperta misoginia (anche per il proclama di Figaro contro le donne), altri una palese filoginia (per il trionfo finale della congiura femminile), in questa edizione del Bellini, la disputa fra le voci la vincono le donne. Poco incisiva la vocalità del baritono Gabriele Sagona (Figaro), anche abbastanza rigido nel suo ruolo che dovrebbe essere, invece, pieno di vitalità; maggiormente in tono il basso Luca Bruno (Conte). Mentre sono risuonate brillanti, vivide le vocalità di Desiree Rancatore (la Contessa), perfettamente a suo agio nel ruolo, Cristin Arsenova (Susanna), frizzante nel dinamismo del suo personaggio, e il mezzosoprano Albane Carrère, nei panni di un Cherubino ribelle e seduttore, che ha coniato grinta e ingenuità; Federica Giansanti (Marcellina) e, infine, Federica Foresta, nei panni di Barbarina, voce nitida, giovane, comunica la profonda inquietudine della perdita che è una riflessione sulla condizione umana.

La direzione d’orchestra si è mantenuta in equilibrio in questa architettura complessa, ma non trascina. I maestri dell’Orchestra del Massimo di Catania, che conosciamo nella loro bravura, sono rimasti come appiattiti in un tecnicismo privo di passione.

Così l’ambizione del Teatro Bellini è stata premiata, ma non ha  trionfato.

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