Il racconto laico della vita di Gesù Bambino al Canovaccio di Catania: “Vangelu”

Quando la cultura popolare si coniuga con la tradizione e il bisogno di spiritualità, il teatro è sicuramente la sede privilegiata per un’operazione sentita ed empatica. La sede in questo caso è il Teatro del Canovaccio di Catania che, grazie alla produzione Schizzi d’arte, ha portato in scena un racconto drammatizzato tratto dai Vangeli apocrifi. Lo spettacolo, Vangelu è la felice ripresa di un fortunato evento teatrale messo in scena dal 2012 al 2015 con grande successo. Il titolo completo è Vangelu, storia di Gesù dalla nascita alla licenza elementare, ed è stato scritto da Cinzia Caminiti, da una rivisitazione in dialetto siciliano antico di alcuni passi tratti dai Vangeli Apocrifi, nello specifico quello dello Pseudo Matteo, dello Pseudo Tommaso, il Protovangelo di Giacomo. L’aggettivo apocrifo attribuito a uno scritto di contenuto religioso è considerato sinonimo di “non autentico”, ma anche segreto, rivelatore di verità occulte. I Padri della Chiesa attribuirono al termine apocrifo il significato di spurio e falso ma, in realtà, i Vangeli apocrifi sono una delle testimonianze più vive del cristianesimo primitivo, una sorta di cristianesimo sotterraneo, traboccante di bisogni umani, di speranze e di candida forza creativa che perfettamente si presta a stabilire un connubio con la cultura popolare siciliana, fatta di aneddoti e racconti, e con l’immaginario collettivo su fatti sacri come la figura di Gesù e la sua vita. Negli Apocrifi, Gesù non è la vittima espiatoria delle nostre colpe ancestrali, né il figlio di Dio che vuole essere adorato, ma l’uomo che non si lascia corrompere e contaminare dal male. Questa umanità, nella fragilità e nella spontaneità, i suoi rapporti con la madre amorosa e il padre, Giuseppe, la crescita nei primi anni di infanzia, i miracoli e i rapporti con i coetanei, il suo candore assoluto ma anche la sua rabbia, il desiderio di punire le ingiustizie, le amicizie, il maestro, i parenti, tutto questo viene raccontato, come in una narrazione di vecchi nonni, con la cantilena di un dialetto magico, la gestualità dell’affabulazione scenica da Saro Pizzuto, Rita Stivale e dalla stessa Cinzia Caminiti, autrice del testo. Gli episodi sono tanti, dalla nascita nella mangiatoia (in una notte “d’angeeli e d’amuri”), allo smarrimento al tempio, al miracolo degli uccellini creati dal fango, al rapporto con la madre, una Maria ancora giovane ma già consapevole di tutta la sua responsabilità, il padre falegname che dopo la fuga, sogna di tornare nella sua casa, nella sua bottega. La cifra di valore di questa operazione è il recupero di un codice linguistico lontano nel tempo- la compagnia, Schizzi d’arte si occupa di cultura popolare da ormai quasi trent’anni – ma che, ai meno giovani, ricorda il linguaggio dei nonni che raccontavano, davanti al presepe, la storia dell’arrivo “d’u bambinneddu”, dei pastori chiamati dall’angelo, della luce della cometa in cielo che guidava i tre Re magi; poi si cantavano antiche nenie, melodie popolari e si recitava la novena. In un tempo, ormai lontano, quando Natale era un’altra cosa. E anche quei canti popolari sono stati recuperati e accompagnano, anzi si intrecciano, alla lettura, in una fusione perfetta di parole e suoni, suoni riprodotti con strumenti antichi e tradizionali dai musicanti Andrea Mirabella, Nicoletta Nicotra, Federica Di Bella. La regia, della stessa Caminiti, ha sapientemente creato un allestimento scenico dove prevale il colore in un vero colpo d’occhio che ricorda i cantastorie o, addirittura, i guitti con i loro carri da ribalta. Si ricostruisce, così, un’ambientazione generica che potrebbe essere l’antica Giudea ma anche un paese siciliano con le case di mattoni e “l’ortu” con le rose. L’effetto finale è quello dell’in-canto che porta per 90 minuti lo spettatore verso una suggestione carica di echi memoriali ed emozionali intrisi di spiritualità laica.

Lo spettacolo si ripeterà ancora il 5 e 6 gennaio alle ore 18,00.

 

 

 

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