“Sperando contro ogni speranza”: gli atti del convegno di “Nessuno tocchi Caino”

«Il viaggio della speranza – immagini, parole e atti del Congresso di Nessuno tocchi Caino» (tenutosi nel carcere di Opera a Milano) è un libro sconvolgente e illuminante perché apre un mondo – quello carcerario – la cui realtà appare storpiata e perché indica la possibilità di un approccio conoscitivo diverso che la presidente Rita Bernardini, ha sintetizzato nella necessità di «rieducare anche le istituzioni, per far comprendere a chi le rappresenta che nel profondo dell’anima di ogni essere umano c’è il senso della giustizia e della bontà e che il lavoro da compiere è tirare fuori queste qualità […] piuttosto che scatenare con condizionamenti vessatori, da animale in cattività, il peggio che ognuno di noi ha dentro di sé.» E tutto questo davanti all’atteggiamento «sprezzante» di politica e opinione pubblica che rinforzano l’idea di punire «col carcere nel carcere».

L’Associazione «Nessuno Tocchi Caino», fondata da Mariateresa Di Lascia e Sergio D’Elia nel 1993 si batte da sempre per una moratoria universale delle esecuzioni capitali e contro la tortura. Il libro è corposo ma si legge tutto d’un fiato e contiene una interessantissima appendice: la lectio magistralis di Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. L’idea di fondo che soggiace a queste pagine è quella di considerare il carcere come «extrema marginalità» e non come «extrema ratio»: un mondo disciplinare «refrattario alla legge». Tullio Padovani, nella sua prefazione lancia accuse specifiche: il sovraffollamento, il vitto scadente, la mancanza di riscaldamenti, i servizi igienici indecorosi, la promiscuità con detenuti malati. «La nostra – scrive – è una patologia al quadrato che si innesta […] su una patologia coessenziale alla stessa istituzione carceraria»: e a nulla sono valsi i pronunciamenti della Corte Costituzionale. Si sono polverizzate le illusioni illuministiche per le quali la privazione della libertà corrispondeva alla sua intrinseca giustezza e così oggi il carcere si riduce ad applicare una sofferenza punitiva legalmente inflitta. Il problema allora si sposta sulle condizioni di legalità della sua applicazione. «La pena – come ricordava von Liszt – è un’arma a doppio taglio: tutela dei beni giuridici attraverso la lesione degli stessi». Anche la legislazione d’emergenza è sotto accusa: il suo veleno è sotto gli occhi di tutti e ha contribuito ad inquinare la delicatissima questione antimafia, trasformandola – Sciascia docet – in una istituzione perdente poiché fondata sulla terribilità e non sul Diritto. Tutti questi drammatici nodi confluiscono in quello che Sergio D’Elia identifica con il paradosso del 41 bis ovvero «la Cayenna italiana». E’ qui che l’attività dell’associazione si fa spes contra spem, sussumendo nell’immagine di Caino un essere rinnovato il quale, consapevole del male che ha prodotto, diventa «alfiere di un nuovo umanesimo»: la stessa esperienza di Sergio D’Elia, segretario dell’associazione – dal partito armato alla filosofia politica, dall’esperienza del carcere alla resistenza e all’impegno contro quel carcere – diventa esemplare. Lo stesso motto – “Sperando contro ogni speranza” – sostiene dunque l’attività di “Nessuno tocchi Caino” che nel nome e nell’impegno indimenticato di Marco Pannella, apre una breccia nel muro del fine pena mai, con un obiettivo preciso: non un diritto penale migliore ma qualcosa di meglio del diritto penale.

Il viaggio della speranza – immagini, parole e atti del Congresso di Nessuno tocchi Caino, a cura di Lorenzo Ceva Valla, Antonio Coniglio, Sabrina Renna, Reality Book, Roma 2020 s.i.p.

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